sabato 4 agosto 2012

Dal baratro ai conti solidi. Monti non dice la verità

L'Italia non ha bisogno di salvataggi europei perchè ha «le finanze pubbliche più solide di Europa». Di fronte alle pressioni del presidente della Bce Mario Draghi a non nascondersi dietro un dito e a prendere l'iniziativa prima che sia troppo tardi Mario Monti ha tentato di mostrare il petto e fare lo smargiasso. Altro che crisi del debito, i nostri bilanci non fanno una grinza. Parola di professore. Eppure, poco più di due mesi fa, a fine maggio, il presidente del Consiglio giustificava le sue mega stangate fiscali sostenendo che senza di lui l'Italia sarebbe andata a picco nel giro di pochi giorni.

Per la precisione, Monti ha rivelato che ad ottobre del 2011, secondo quanto a sua conoscenza, «il Tesoro non aveva i soldi per pagare gli stipendi e le pensioni della Pubblica amministrazione». Ora, è vero che il governo dei professori ci ha fatto arrivare sul groppone una manovra (in termini di effetti sull'indebitamento dello Stato) da circa 20 miliardi l'anno da qui al 2014, ma tra le due affermazioni ce ne passa. Possibile che sia bastato il Salva Italia per trasformare lo Stato italiano da un'azienda sull'orlo della bancarotta ad un modello di contabilità pubblica per l'intera Europa. Il premier, con tutta probabilità ha mentito, o quantomeno esagerato assai, allora come oggi.

La realtà è che i conti pubblici ereditati dal governo Berlusconi non erano così malandati. Non possiamo dimenticare, del resto, che per rimettere in asse il bilancio dello Stato l'altro professore, l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, aveva varato nell'arco di un paio di mesi ben due manovre correttive. Non robetta all'acqua di rose, ma due bordate (chiaramente piene di tasse e balzelli esattamente come il Salva Italia) da 47 miliardi la prima e 12 la seconda, a regime nel 2014. Un malloppo più che consistente su cui Monti ha caricato, sempre a regime nel 2014, altri 21 miliardi di euro per acciuffare il pareggio di bilancio nel 2013, così come chiesto dall'Europa al precedente e all'attuale governo.

Messa così potrebbe sembrare che il premier abbia ragione oggi nel respingere le offensive europee. Purtroppo, non è così. Il problema è che, al di là delle sbruffonate “difensive” del professore, i circa 81 miliardi che nel 2014, per effetto cumulato delle tre manovre, passeranno dalle tasche degli italiani alle casse dello Stato per ridurre il deficit rischiano ancora di non bastare. Malgrado gli sforzi e i sacrifici, infatti, lo spread tra i 400 e i 500 punti si mangia circa 10 miliardi l'anno attraverso i maggiori interessi sul debito (che complessivamente si aggirano tra gli 80 e i 90 miliardi l'anno) e il resto lo faranno gli effetti recessivi della raffica di stangate varate nel 2011 che manderanno a picco il pil nei prossimi due anni (le ultime stime parlano di un crollo del 2% rispetto al -0,6% previsto dal governo alla fine del 2011 e al -1,2% previsto sempre dal governo ad aprile).

Per avere un'idea di quello che ci aspetta, del resto, basta guardare i documenti ufficiali, che solitamente, anche se non sempre, forniscono un contributo di verità un pochino più concreto di quanto non facciano dichiarazioni pubbliche. Soprattutto se messe sul tavolo mentre la Banca centrale europea ti punta un fucile alla testa. Il famoso pareggio di bilancio messo al sicuro con il Salva Italia già lo scorso aprile, testuali parole di Monti, si è trasformato in un «quasi pareggio». Le proiezioni contenute nel Documento di economia e finanza (il vecchio Dpef) presentato a primavera dal governo prevedono infatti per il 2013 non più un rapporto tra deficit e pil allo 0% (che sarà raggiunto solo nel 2015), ma allo 0,5%.

E si tratta, purtroppo, di stime ottimistiche. Nelle previsioni economiche di primavera della Commissione europea, dove spunta una nuova versione di pareggio di bilancio, che dopo quello vero e il “quasi” diventa «strutturale», il deficit/pil per il 2013 viene stimato addirittura all'1,1%. Ancora peggio andrà per il Fondo monetario internazionale, che nel 2013 ci vede a quota 1,5%. Se si considera che tali previsioni sono state formulate prima dell'estate, e quindi prima della riesplosione delle tensioni sui mercati finanziari, appare chiaro che quello che nei prossimi mesi impressionerà l'Europa non sarà davvero il nostro «solido» bilancio pubblico.

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