venerdì 15 giugno 2012

Smonta-Italia: federalismo e nuovo fisco accantonati, controriforme su università, lavoro e Pa

Di riforme vere, come quelle invocate dall’Europa e dalle imprese per la crescita e lo sviluppo, negli ultimi otto mesi se ne sono viste pochine. In compenso, però, il governo di Mario Monti è riuscito a impasticciare, se non spazzare completamente via, buona parte dei provvedimenti migliori che il precedente governo era riuscito faticosamente a far andare in porto. A conti fatti, più che salva-Italia e cresci-Italia, sembra che l’operazione più riuscita dei tecnici guidati dal professor Monti sia una sorta di smonta-Italia. A colpi di controriforme sono stati infatti mandati in fumo i pochi passi in avanti fatti negli ultimi anni dal Paese. Vediamo nel dettaglio i casi più clamorosi.

Federalismo fiscale. Le martellate più vigorose sono quelle arrivate sul federalismo fiscale, platealmente rinnegato e violato in moltissimi passaggi della manovra salva-Italia. Nel provvedimento volto a mettere in sicurezza i conti Monti è infatti intervenuto a gamba tesa sul fronte dell’autonomia tributaria delle Regioni e degli enti locali, modificando direttamente anche la disciplina posta nei decreti di attuazione del federalismo fiscale o comunque risultante dalla legge n. 42 del 2009. L’addizionale regionale Irpef è stata automaticamente incrementata, senza consentire alle Regioni di decidere alcunché. È stato direttamente istituito il nuovo tributo comunale sui servizi e rifiuti, senza passare attraverso l’arduo percorso procedurale che, previsto dalla legge n. 42 del 2009, avrebbe consentito la partecipazione della Conferenza unificata e della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. L’Imu sugli immobili diversi dalla prima casa è stata divisa tra Comune e Stato in modo tale che a quest’ultimo ne vada comunque la metà, per di più applicando l’aliquota base al lordo di eventuali detrazioni o sconti decisi dall’amministrazione comunale. Senza contare, infine, lo scippo, seppure temporaneo, dei servizi di tesoreria locali, riportati temporaneamente in capo al Tesoro per esigenze di cassa.

Riforma Gelmini.L’intervento sulla riforma Gelmini è contenuto, paradossalmente, in un pacchetto che il ministro Francesco Profumo ha voluto dedicare al “merito”. Con il decreto il governo ha mandato in soffitta, prima ancora che fosse attuato, uno dei punti pregiati della riforma degli atenei voluta un anno e mezzo fa dall’esecutivo berlusconi: l’addio ai concorsi locali spesso pilotati. L’abilitazione nazionale viene adesso congelata fino a tutto il 2014 e tornano i concorsi locali. Una commissione composta da cinque membri (due scelti dall’università, due sorteggiati da una lista nazionale, più un esperto straniero) dovrebbe dare i giudizi.

Riforma Brunetta. Malgrado i pubblici riconoscimenti alla riforma della Pa varata dall’ex ministro Renato Brunetta, di cui l’attuale responsabile della Funzione pubblica è stato anche collaboratore tecnico, la bozza di riforma presentata da Filippo Patroni Griffi ai sindacati fa più di un passo indietro. Si ripristinano relazioni sindacali piene sul luogo di lavoro e soprattutto si cancellano di fatto le tre fasce di merito per gli aumenti di produttività, uno dei cavalli di battaglia di Brunetta. Il merito dovrà essere commisurato all’efficienza del servizio e non più del singolo lavoratore. Praticamente si torna agli incentivi per tutti.

Riforma Biagi. Altra controriforma clamorosa è quella con cui è stata praticamente rasa al suolo la legge Biagi. Il rapporto tra minore flessibilità in entrata eminore rigidità in uscita che sarebbe alla base della riforma del lavoro messa a punto dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, ha prodotto di fatto la cancellazione delle misure introdotte dalla Biagi. Le misure proposte dal governo per riformare i contratti di lavoroatipici si caratterizzano per una rigidità, che non bonifica la precarietà, ma tende a scoraggiare le tipologie flessibili sottoponendole, nei fatti, a un pregiudizio di illegittimità e imponendo ai datori l’inversione dell’onere della prova.
Riforma pensioni. Ci sono poi alcune eccessi di zelo, come quello riguardante le pensioni, che ha prodotto distorsioni macroscopiche come quella dei 400mila esodati. Sulla base della riforma contenuta nella manovra Tremonti dal 2013 l’età di vecchiaia doveva salire in base alle «aspettative medie di vita» di tre mesi ogni tre anni. Di fatto nel 2026 si sarebbero raggiunti i fatidici 67 anni e 7 mesi per le pensioni di vecchiaia che, come chiesto dalla Bce in estate, ci avrebbero portato in linea con l’Europa.

Delega fiscale. Retromarcia vistosa anche nella legge delega fiscale, dove scompaiono i tagli sul fronte assistenziale che aveva promesso Tremonti all’interno della manovra estiva. Il testo si limita a confermare il monitoraggio delle agevolazioni che dovrà contribuire a riscrivere il vasto panorama tutto italiano delle tax expenditures.

Ricerca Ogm.Il fatto più recente riguarda la ricerca sugli Ogm. Dopo aver, a pochi giorni dal suo insediamento, decantato le virtù dei prodotti geneticamente modificati, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini ha qualche giorno fa, dopo le denunce della Fondazione diritti genetici, disposto la distruzione dei campi dell’Università della Tuscia, mandando così al macero trenta anni di ricerca.

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