Per una volta l’Italia è in regola con i vincoli Ue. Secondo la relazione sulla Situazione energetica nazionale pubblicata alcuni giorni fa dal ministero dello Sviluppo economico, le fonti di energia rinnovabile nel 2016 hanno coperto il 17,6% dei consumi finali lordi di energia. Il che significa che, addirittura con quattro anni di anticipo, siamo già in regola con il target del 17% fissato da Bruxelles per il 2020.
Una buona notizia? Non proprio. A rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi, infatti, sono state le tasche degli italiani, che in anni di crisi in cui si fatica ad arrivare alla fine del mese hanno dovuto sborsare fior di quattrini per incentivare la produzione di energia elettrica mediante fonti pulite come l’acqua, il vento e il sole.
Gli sconti alle rinnovabili, distribuiti dal Gestore dei servizi energetici, sono finanziati con la componente A3 della bolletta, che costituisce quasi il 90% degli oneri generali di sistema, le cui tariffe sono fissate per legge e valgono sia per la maggior tutela sia per il mercato libero.
Tali oneri pesano, secondo i dati dell’Autorità per l’energia aggiornati al primo trimestre 2017, il 20% della bolletta. E messi tutti insieme formano una bella sommetta. Nel 2015 il totale degli incentivi è ammontato a 12,7 miliardi di euro, praticamente una manovra finanziaria.
Dietro a questa onerosa imposta ambientale fatta pagare sottobanco ai contribuenti c’è una politica degli incentivi che non ha eguali in Europa. Analizzando il rapporto del Ceer (Consiglio dei regolatori europei dell’energia) recentemente pubblicato si scopre infatti che l’Italia è in testa alla classifica per l’incidenza degli sconti erogati in rapporto alla produzione totale di energia. La quota del nostro Paese è di 44 euro/MWh rispetto ad una media Ue di 13,8 euro. «I sussidi», scrivono l’economista Giorgio Ragazzi e l’ingegnere Francesco Ramella su lavoce.info, «gravano sulla nostra produzione elettrica per più di tre volte la media degli altri 25 Paesi europei. Il nostro non invidiabile primato dipende in parte da una più elevata percentuale di energia ottenuta da fonti rinnovabili, ma ancor di più dal generoso livello di incentivazione concesso su tutte le tipologie non fossili».
Che le mance offerte dai governi di destra e sinistra ai produttori verdi, compresi i petrolieri che sono stati per anni foraggiati con i famosi Cip6 per le fonti assimilate, fossero laute non è una novità. Meno nota è l’entità del regalo. I due professori de lavoce.info hanno calcolato che se i nostri incentivi fossero allineati alla media europea il costo annuale sarebbe di 4,6 miliardi e non di 12,7. In sostanza, paghiamo ogni anno 8 miliardi di troppo. Soldi che oggi, tanto per dirne una, potrebbero essere usati per quel taglio del cuneo fiscale che il governo pensa di finanziare con l’aumento dell’Iva. O che potrebbero semplicemente essere restituiti a cittadini e imprese per alleggerire un po’ le bollette, che, guarda caso, sono le più care d’Europa.
© Libero