venerdì 14 marzo 2014

Stangare il 15% degli assegni farebbe incassare solo 307 milioni

Tartassati e mazziati? Matteo Renzi assicura di no. «I pensionati non pagheranno la manovra», ha detto ieri sera il premier a Porta a Porta, smentendo in un colpo solo il commissario alla spending review Carlo Cottarelli, che mercoledì aveva ventilato l’ipotesi durante un’audizione formale in Parlamento, e il suo braccio destro nonché sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, che solo qualche ora prima aveva confermato lo studio di un prelievo sulle pensioni «più robuste».



Una sterzata in corsa di cui prendere atto, ma che non tranquilizza più di tanto, considerato che lo stesso Renzi pretende da Cottarelli (che già questa mattina incontrerà il premier) tagli alla spesa nel 2014 per ben 7 miliardi rispetto ai 3 prudentemente ipotizzati dal commissario e che Delrio non sembra così contento di fare marcia indietro con la testa bassa e la coda tra le gambe. Del resto, la sforbiciata alle pensioni è un tormentone su cui l’ex sindaco insiste da diversi mesi, nel nome di una non meglio precisata equità che vede i titolari degli assegni previdenziali dipinti come un branco di ricconi che vivono nel lusso alle nostre spalle.
In realtà, il progetto al vaglio del commissario, che ieri Renzi ha sconfessato dicendo che la sua ipotesi non è quella del governo, prevede l’applicazione di una tassazione aggiuntiva sui redditi dei pensionati (tra l’altro esclusi dalla paghetta di 80 euro in busta paga promessa dal premier) che colpisce anche le pensioni d’oro, ma parte sin dalle soglie medio-basse.

Stando alle parole di Cottarelli l’85% dei pensionati resterebbe fuori dai tagli. Il che significa, scaglioni dell’Inps alla mano, che il prelievo riguarderebbe gli assegni che si aggirano tra i 2.000 e i 2.500 euro lordi al mese (4-5 volte la minima), che al netto diventano 1.500-1.800 euro al mese. L’entità del salasso dipenderà, ovviamente, dalle aliquote che saranno applicate. Per avere un’idea dell’esborso si possono, però, consultare le simulazioni effettuate da Tito Boeri sul sito lavoce.info. La dettagliata elaborazione dell’economista, che per qualcuno è tra gli ispiratori di Renzi per la cura dimagrante della previdenza, prevede un meccanismo di aliquote fortemente progressivo che parte dal 2% sugli assegni più bassi per poi arrivare fino al 15% su quelli più alti. Dalle tabelle emerge chiaramente che il guadagno maggiore dell’operazione arriva dagli scaglioni medi, dove il numero di pensionati è sensibilmente più alto e il gettito più sostanzioso. Il bottino complessivo non è elevatissimo. Si va dai 307 milioni - con una soglia di esenzione fino a 2.096 euro netti al mese (6 volte il minimo) ed aliquota al 2% fino a 4.400 euro netti (14 volte), al 5% fino a 7.698 euro netti (26 volte) al 10% fino 10.165 netti (35 volte) e al 15% sopra - ai 412 milioni, se si abbassa l’asticella dell’esenzione ai 1.798 euro netti al mese (5 volte il minimo), con le altre aliquote invariate. Il risultato cambierebbe di molto se invece della quota di pensione eccedente la soglia minima fosse tassato l’intero reddito (rispettivamente 837 e 1,2 miliardi). In entrambi i casi, però, il dato interessante riguarda gli scaglioni centrali, gli unici in grado di produrre gettito a doppia cifra. La quota più alta, 29 milioni, arriverebbe, ad esempio, dalla fascia di assegni tra i 4.133 e i 4.407 euro netti al mese (13-14 volte il minimo), ma anche i pensionati che prendono da 2.069 a 2.394 euro netti al mese (6-7 volte) dovrebbero sborsare complessivamente 20 milioni di tasse.

Nel dettaglio, per questi ultimi il balzello sarebbe di 5,8 euro al mese, che salirebbe a 11,7 nel caso di soglia di esenzione a 1.798 euro al mese. Continuando su questa ipotesi, più vicina alle dichiarazioni di Cottarelli, il prelievo (sempre considerando solo la quota eccedente la soglia) salirebbe a 18,4 euro per le pensioni da 7 a 8 volte il minimo (2.394-2.692 netti mensili) e 24,9 per quelle da 8 a 9 volte (2.692-2.991). E via così fino a 153 euro per gli assegni da 14 a 15 volte il minimo (4.407-4.681), 257 euro al mese per quelli da 21 a 22 volte (6.327-6.601) e 693 euro per quelli da 27 a 28 volte il minimo (7.972-8.246).
Per alcuni lavoratori a riposo il balzello immaginato da Cottarelli si andrebbe ad aggiungere alla stangata già varata dal governo Letta, che, in barba al verdetto di incostituzionalità piombato su identiche misure varate da Mario Monti, ha riproposto il mai fuori moda contributo di solidarietà per le pensioni più alte. Dal primo gennaio 2014 è infatti scattato un prelievo del 6% sugli assegni da 6.936 euro (lordi in questo caso) a 9.908, del 12% per la parte eccedente i 9.908 e fino a 14.862 e del 18% per le pensioni sopra i 14.862 euro. Il tutto con una previsione di gettito di 40 miliardi l’anno per tre anni che dovrebbe andare a finanziare un non meglio precisato strumento di welfare costituito dal fondo Sia (Sostegno per l’inclusione attiva). E non è finita. Il governo guidato dall’esponente Pd detronizzato qualche settimana fa ha anche confermato il blocco parziale della perequazione annuale del trattamento previdenziale, con un impatto non trascurabile che colpisce anche le pensioni medio-basse. Per quest’anno gli assegni fra tre e quattro volte il minimo (fino a 1.981 euro) avranno una rivalutazione solo del 95%. Quelli tra quattro e cinque volte (fino a 2.477 euro) del 75% e quelli fra cinque e sei volte (2.972 euro) del 50%. Al di sopra di questa soglia non ci sarà alcun adeguamento dell’assegno all’inflazione.

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