domenica 9 marzo 2014

Piano Renzi: l'Irap resta, Irpef giù

Confindustria, che qualcuno inserisce nella lista dei grandi sponsor dell’ascesa del premier, ha continuato a difendere Matteo Renzi anche ieri, sostenendo sul Sole 24 Ore che Bruxelles non ha affatto bacchettato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ma anzi ha dato un primo via libera allo sblocco dei fondi comunitari. La lettura mattutina degli altri giornali, però, ha riservato agli imprenditori una brutta sorpresa. Stando a quanto riferisce Repubblica, infatti, l’ex sindaco, in vista del Cdm di mercoledì prossimo, avrebbe deciso di piazzare tutti i 10 miliardi previsti per il taglio del cuneo fiscale sulla riduzione delle aliquote Irpef per i redditi più bassi (fino a 25mila euro lordi). L’operazione, secondo i primi calcoli, potrebbe portare in busta paga ai lavoratori 80-100 euro al mese. Le aziende, che confidavano in una sforbiciata più o meno robusta dell’Irap, resterebbero invece a bocca asciutta.

Possibile che Renzi abbia deciso di sbattere la porta in faccia ai suoi «amici» di Viale dell’Astronomia? C’è chi sostiene che la notizia sia il frutto di una fuga in avanti del quotidiano diretto da Ezio Mauro, che ha deciso di cavalcare uno degli scenari sul tavolo forse per dare un suggerimento al premier. Tesi che sarebbe confermata dalla smentita ufficiosa arrivata a stretto giro da Palazzo Chigi. Le solite fonti ben informate fanno sapere che il taglio concentrato sull’Irpef è «allo stato solo un’ipotesi». Altre indiscrezioni parlano invece di una strategia ben precisa di Renzi volta ad accontentare tutte le parti sociali, da un lato il taglio dell’Irpef per i sindacati (e il consenso popolare), dall’altro il pagamento dei debiti della Pa per le imprese. Quest’ultime, poi, secondo una simulazione dell’Istat, godrebbero di sconti fiscali per il 2014, a legislazione vigente, che ammonterebbero già a 2,6 miliardi.

Il sasso, comunque, è stato lanciato. E le reazioni non si sono fatte attendere. L’idea di tagliare solo le imposte dirette ha fatto storcere il naso non solo a Confindustria, ma anche a diverse componenti della maggioranza. Per il numero uno di Viale dell’Astronomia, Giorgio Squinzi, «l’abbassamento delle tasse è sicuramente una cosa giusta, però prioritariamente bisogna ridurre il costo del lavoro». Tesi sposata anche dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando, dell’ala liberal del Pd, il quale in un’intervista alla Stampa ha spiegato che «è un errore disperdere le risorse» e che intervenendo «sull’Irap che grava sulle imprese» si avrebbero «risultati immediati». Pure per il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, di Scelta civica, «per rimettere in moto la crescita e l’occupazione è fondamentale concentrare tutte le risorse sul taglio dell’Irap».

In mezzo al guado le pmi, che spingono ancora per una soluzione mista. Per Confcommercio «utilizzare entrambe le leve» è l’unico modo per aiutare l’economia. Mentre la Cgia, abituata a maneggiare i numeri, offre direttamente al premier una strada intermedia. Dopo aver premesso che il cuneo vale 296,4 miliardi, di cui il 55% a carico delle imprese, gli artigiani di Mestre hanno spiegato che «se 8 miliardi andassero ad abbattere l’Irpef, quasi certamente le fasce di reddito al di sotto dei 25mila euro potrebbero ritrovarsi con oltre 700 euro netti in più all’anno pari a circa 60 euro al mese». In questo modo per l’Irap resterebbero 2 miliardi, che corrispondono ad un terzo dei 6,1 miliardi pagati dalle aziende private. «Un alleggerimento», ha detto il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «di tutto rispetto».

Decisamente favorevoli al taglio dell’Irpef di 10 miliardi sono i sindacati. Senza se e senza ma la Uil di Luigi Angeletti e la Cisl di raffaele Bonanni. Per il segretario della Cgil, Susanna Camusso, invece, l’idea è «ottima», ma la riduzione delle tasse per i lavoratori dovrebbe avvenire attraverso un aumento delle detrazioni. Una posizione condivisa dall’ex viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, che si è dimesso proprio in polemica con Renzi, secondo cui «solo se ripartono i consumi le imprese torneranno a investire». E sarebbe meglio se l’intervento sul cuneo «si realizzasse attraverso la fiscalizzazione dei contributi sociali a carico del lavoratore per i redditi più bassi».
Nella speranza di ottenere qualcosa in più, infine, dalle imprese arriva anche la proposta di un piano B per racimolare più risorse. Secondo il Centro studi di Confindustria, infatti, se lo Stato tagliasse le partecipazioni in società che non erogano servizi pubblici, e sono fuori da ogni controllo sui bilanci, potrebbe risparmiare 12,8 miliardi di euro.

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