mercoledì 17 agosto 2011

Autogol Robin Tax: gettito perso in una seduta di Borsa


Rastrellare 3,6 miliardi per bruciarne 3,5. È questo l’effetto paradossale della nuova Robin Hood Tax al termine del primo giorno di contrattazioni in Borsa dopo la pubblicazione in Gazzetta della manovra bis. Malgrado la tenuta complessiva di Piazza Affari (dopo una giornata in altalena l’Ftse Mib ha chiuso con un calo dello 0,8%), l’inasprimento dell’addizionale Ires per le società dell’energia ha mandato a picco tutti i titoli del settore. La mazzata ha risparmiato solo l’Eni, che in finale di seduta è riuscita a recuperare con un più 0,4%. Per il resto, i ribassi vanno da quelli robusti di Enel (-4,2%), Saras (-4,4%), Edison (-3,3%), Enel Green Power (-5,4%), Falck Renewables (-6,%), Ternienergia (-3,9%), A2A (-1,5%), Iren (-4,6%) e Acea (-1,4%), a quelli devastanti di Snam Rete Gas e Terna, che hanno perso rispettivamente il 9,9 e il 13,6%.

La bocciatura dei mercati è direttamente collegata alle perdite future (e inevitabili) che questa volta riguarderanno tutto il settore dell’energia. I 4 punti percentuali di addizionale Ires si aggiungono ai 6,5 già previsti per le società petrolifere e fino al 2014 colpiranno tutte le imprese con ricavi superiori ai 10 milioni di euro, comprese quelle che si occupano di trasmissione e distribuzione o quelle attive nelle fonti rinnovabili.
Per Snam e Terna è la stessa relazione tecnica della manovra a fare i conti. La stima è di 220 milioni di oneri fiscali in più all’anno per la società di distribuzione del gas e di 90 per quella dell’elettricità. I due gruppi invece prevedono costi rispettivamente per 150  e 70 milioni. Mentre Goldman Sachs stima una riduzione dell’utile del 15% per Terna e del 12% per Snam. Per Enel le stime di Jp Morgan parlano di un costo annuo di 300-325 milioni. Mentre Cheuvreux stima un taglio degli utili del 7% su tutte le utility italiane. Qualcuno, infine, ricorda che la botta potrebbe avere anche effetti sugli investimenti, in particolare sul piano da 5 miliardi annunciato quest’anno da Terna per l’ammodernamento della rete.

Il gioco conviene? Basta vedere quello che è successo ieri per avere più di un dubbio. La relazione tecnica del Tesoro prevede di ricavare dalla misura un gettito aggiuntivo da qui al 2014 di 3,6 miliardi di euro. Ebbene, solo ieri e solo considerando le tre società controllate direttamente o indirettamente dal Tesoro (Enel, Terna e Snam) l’effetto Robin Tax in Borsa ha mandato in fumo circa 3,5 miliardi di capitalizzazione. Molti di quei soldi sono stati tolti ai risparmiatori italiani, i cosiddetti “cassettisti”, che accanto ai titoli di Stato investono in azioni sicure come quelle delle controllate pubbliche. Ma una bella fetta di quei miliardi bruciati ha colpito anche le casse dello Stato, che detiene (attraverso la Cdp) il 29,9% di Terna, il 31,2% dell’Enel e, attraverso l’Eni, il 50% di Snam Rete Gas.
Alla beffa del gettito triennale svanito in un solo giorno si aggiunge il danno che potrebbe arrivare, manco a dirlo, sulla testa di tutti gli utenti. È la stessa relazione tecnica a svelare l’inghippo. Nel paragrafo relativo alla Robin Tax si legge che le «imprese non potrebbero traslare la maggiore imposta sui consumatori». Perché il condizionale se il divieto è stabilito dalla legge? Lo spiegano gli analisti di Citigroup e Goldman Sachs, sostenendo che «è improbabile che la tassa resti a lungo sulle utility senza essere trasferita sui consumatori» e che il balzello finirà molto presto in bolletta «attraverso le commissioni per la rete».


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