venerdì 19 agosto 2011

La stangata sull’Iva è certa. Si discute solo sul come


In un modo o nell’altro la stangata sull’Iva arriverà sul groppone degli italiani. L’idea di alzare le aliquote delle imposte indirette per ammorbidire l’effetto del contributo di solidarietà continua ad essere al centro del dibattito sulla manovra di ferragosto.

Dopo le numerosi indiscrezioni provenienti da ambienti governativi e le parole del premier Silvio Berlusconi, che ha detto chiaramente di aver scartato l’ipotesi, di gran lunga preferibile a quella di mettere le mani nelle tasche degli italiani, solo per paura di un effetto depressivo sui consumi e sulla crescita, ieri è arrivato anche il sostegno di Claudio Scajola. L’ex ministro dello Sviluppo economico, che in parlamento può contare su un gruppetto di fedelissimi che sfiorerebbe la ventina, ha ribadito la tesi che non si può «pensare di chiedere il sacrificio maggiore a chi dichiara di più e non a chi possiede di più» e che, quindi, bisognerà «riequilibrare» il provvedimento. Piuttosto che il contributo di solidarietà, ha spiegato, «che colpisce chi le tasse le paga già», meglio l’aumento di un punto dell’Iva ordinaria, che porterebbe tra i 5 e i 6 miliardi ogni anno e, ad avviso di Scajola, «non deprimerebbe i consumi».
Della stessa idea sembrano essere anche le parti sociali. Confindustria sostiene da tempo che l’aumento dell’Iva è una strada percorribile e più equa per trovare i soldi necessari a raggiungere il pareggio di bilancio. E ieri anche la Cisl è scesa in campo sulle imposte indirette. Secondo il segretario Raffaele Bonanni l’aumento sarebbe la soluzione per evitare una stangata sul ceto medio. Senza conseguenze catastrofiche sui consumi. «Anche la Ue», ha spiegato, «raccomanda di alzare le aliquote, considerando che la tassazione italiana è una delle più basse in Europa».

La realtà è che al di là del chiacchiericcio e delle varie cordate sulle proposte di modifica alla manovra, alla fine della fiera un incremento dell’Iva arriverà comunque. Sul tavolo del governo, per ora, l’ipotesi che raccoglie più consensi è quella di introdurre nel maxiemendamento un aumento limitato ad un punto percentuale solo dell’aliquota ordinaria, che passerebbe dal 20 al 21%, con un effetto sul gettito, come si è detto di 5-6 miliardi. E un effetto sulle famiglie quantificato dal Codacons, in assenza di riflessi speculativi sui prezzi, di 290 euro annui a famiglia.
Ma l’Iva più salata è un’eventualità già contenuta sia nella manovra di luglio che in quella di ferragosto. Nella relazione tecnica della correzione bis si legge chiaramente che il provvedimento anticipa gli effetti della cosiddetta clausola di salvaguardia contenuta nel testo di luglio, che altro non è che una sforbiciata del 5% il primo anno e del 20% il secondo anno di tutte le agevolazioni fiscali attualmente in vigore nel caso il governo non riesca a mettere in atto la delega fiscale e assistenziale. La modifica prevede di anticipare «al 2012 i 4 miliardi precedentemente previsti per il 2013 e di rimodulare l’effetto per il 2013 (il maggior gettito previsto passa da 4 miliardi a 16 miliardi)».

Il problema è che i tagli lineari alle agevolazioni fiscali riguardano anche l’Iva, che, come tutti sanno, oltre a quella ordinaria del 20%, ha due aliquote “privilegiate”. La minima, al 4%, per i generi di prima necessità (alimentari, stampa quotidiana e periodica, ecc.), la seconda, al 10%, per determinati prodotti alimentari, per particolari operazioni di recupero edilizio e per i servizi turistici (alberghi, bar, ristoranti e altri prodotti turistici). Ebbene, il taglio del 5% e del 20% previsto dalla clausola di salvaguardia, nel caso dell’Iva agevolata si traduce in un maggiore gettito nell’ordine delle stesse percentuali e, quindi, in un bell’aumento delle aliquote. Nel dettaglio, la riduzione del 5% comporterebbe un incremento delle due aliquote rispettivamente al 4,7% e al 10,5%, mentre la stangata nel caso del taglio del 20% porterebbe l’Iva minima al 6,8% e quella intermedia al 12,1%.
Se le cose su questo fronte dovessero andar male la manovra di ferragosto è chiara. «È inoltre previsto», si legge nella relazione tecnica, «che in alternativa, anche parziale, alle riduzioni dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, possa essere disposta la rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l’accisa». E il gioco è fatto.
Se poi, nella migliore delle ipotesi, il governo dovesse esercitare la delega fiscale e assistenziale, il discorso cambia poco. Non è un mistero che uno dei principali obiettivi della riforma annunciata nei mesi scorsi da Giulio Tremonti sia quello di trasferire la tassazione dalle persone alle cose. L’aumento delle imposte dirette, cioè dell’Iva, sarà quindi uno dei punti centrali della delega fiscale. L’idea iniziale era quello di compensare la stretta con un alleggerimento dell’Irpef, ma vista l’aria che tira c’è da scommettere che le cose andranno diversamente.


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