martedì 23 agosto 2011

Unicredit non trova pace in Borsa


Dopo due sedute difficili le Borse europee provano un nuovo rimbalzo, ma il clima resta molto incerto. I mercati hanno infatti aperto la settimana con segnali diversificati: l’oro fa segnare nuovi record storici oltre i 1.890 dollari l’oncia, il petrolio non sfrutta il possibile epilogo della crisi libica, l’euro si muove al ribasso. E, nella giornata in cui la Bce conferma ingenti acquisti di titoli di Stato, torna la tensione sulla Grecia. Il nodo sta nell’accordo bilaterale, per ora unico, chiesto e ottenuto dalla Finlandia per partecipare al piano di salvataggio di Atene, con il versamento da parte della Grecia di un deposito in contanti di garanzia, che verrà investito in obbligazioni tripla A in cambio della partecipazione di Helsinki al salvataggio. Ora lo stesso trattamento potrebbe essere chiesto da altri Paesi, mettendo a rischio l’intero piano. Così i titoli di Stato ellenici hanno fatto segnare rendimenti in forte crescita (circa 25 punti base), con la Borsa di Atene che, unica in Europa, ha ceduto oltre i due punti percentuali.

Le altre piazze europee, in positivo per quasi tutta la giornata, hanno così chiuso con minor slancio, anche sulle incertezze di Wall Street. Francoforte è addirittura andata sotto la parità. Solo Madrid (+1,87%) e Piazza Affari (+1,78%, anche per l’effetto Libia sulle imprese italiane) sono apparse in buona salute. Le banche, però, sono andate a picco. A parte Bpm, che ha portato a casa un +4,6% e la francese Dexia (+2,04%), quasi tutti gli situti europei hanno lasciato sul terreno diversi punti percentuali. Maglia nera in Italia è stata Intesa SanPaolo, che ha chiuso una brutta giornata con un calo conclusivo del 2,65%, il peggiore tra i titoli principali di Piazza Affari. E male è andata anche per Unicredit, che dopo essere balzata fin sopra il 4%, ha archiviato la seduta cedendo lo 0,11%.
Sull’Istituto di Piazza Cordusio si sono rincorse voci per tutta la giornata. Di fatto, Unicredit ha iniziato la marcia d’avvicinamento al piano industriale che a fine anno alzerà il velo anche su possibili misure di riorganizzazione in Germania. Da Hvb verranno scorporate e accorpate in un’unica società le attività nei servizi, in modo del tutto analogo a quanto previsto in Italia dalla seconda fase del progetto della banca unica.

Il riassetto in Germania è stato annunciato sul quotidiano tedesco Financial Times Deutschland da Heinz Laber, membro del consiglio di amministrazione di Hvb. Prevede lo scorporo delle unità nei servizi, acquisti, sistemi informatici e la gestione delle sedi, che verranno incorporate in una nuova società, attiva dal primo novembre, Unicredit Global Business Services (Ugbs), con base a Monaco e tra i 2.500 e i 3.000 dipendenti. In capo all’Hvb resteranno le attività bancarie, mentre grazie alla scissione è attesa una crescita annua della produttività tra il 3 e il 5%. La nuova società avrà un consiglio di sorveglianza formato da dodici persone, con l’impegno a non effettuare licenziamenti fino al 2014.
Altre voci, che in mattinata avevano acceso la corsa del titolo a Piazza Affari, riguardano invece la controllata Pioneer Investments, che potrebbe vendere la propria piccola unità in Russia, Paese che resta comunque strategico per la capogruppo.
La società di asset management è rimasta una realtà di dimensioni limitate, con una decina di persone e 32,1 milioni di asset under management.
L’attenzione sul dossier è stata attirata dal quotidiano russo Kommersant, che ha parlato appunto di una possibile cessione. Ipotesi confermata da Pioneer, secondo cui nel nuovo piano industriale in fase di finalizzazione si sta pensando a tutte le opzioni strategiche per l’unità in Russia. La società non uscirà, però, completamente dal mercato russo, proseguendo la distribuzione dei fondi internazionali (lussemburghesi).
Ad accrescere le tensioni sull’istituto milanese anche gli sviluppi della guerra in Libia, con un’accelerazione che potrebbe significare anche la fine delle sanzioni Ue su Tripoli che avevano portato in marzo al congelamento del 7,5% della banca in mano alla governo della Giamahiria. È presto per ragionare  sui tempi di un eventuale sblocco della quota, ma certo in primavera il pacchetto di voti potrebbe aver un peso decisivo nell’assemblea che dovrà anche eleggere il nuovo cda.

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