giovedì 18 agosto 2011

Il Tfr subito in busta paga? Ai lavoratori non conviene


Prima ci hanno raccontato che era meglio investirlo in un fondo per integrare la pensione, in vista delle future strette previdenziali, ora vogliono addirittura che ce lo spendiamo mese per mese, per rilanciare i consumi. Tra le varie ipotesi di modifica della manovra bis lanciate nel caldo ferragostano, in attesa che martedì in commissione Bilancio del Senato parta l’esame del provvedimento (la prima seduta d’Aula è invece convocata per il 5 settembre), fa discutere quella che riporta sotto i riflettori il trattamento di fine rapporto. L’idea piace a Umberto Bossi che l’ha sparata dal comizio del 15 a Ponte di Legno attribuendone la paternità a Giulio Tremonti.

I rischi sul Tfr
In sostanza si tratterebbe di prevedere una terza possibilità per la liquidazione: oltre a lasciarla in azienda o investirla nella previdenza complementare il lavoratore potrebbe riceverla direttamente in busta paga ogni mese, in barba alla riduzione futura degli assegni pensionistici.
Molti, però, i dubbi. Il professore del Pdl, Giuliano Cazzola, ricorda che la trovata metterebbe a rischio anche i 4-5 miliardi di Tfr inoptato delle imprese con più di 50 dipendenti che confluisce in un fondo del Tesoro gestito dall’Inps. Senza contare che la busta paga più pesante (del 6,9% della retribuzione) potrebbe far scattare tassazioni Irpef più salate. Dall’altro lato, sul fronte dell’industria, significherebbe togliere risorse su cui soprattutto le pmi fanno affidamento per fronteggiare le crisi di liquidità.
Frena, non a caso, il sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti: «Prima vediamo la proposta. Per ora restiamo sul testo base della manovra».

Lo scudo bis
Tra le ipotesi dell’ultim’ora c’è quella di uno scudo bis, con un’aliquota superiore al 5%, ma l’operazione dovrebbe essere sincronizzata con la Tobin Tax europea. Si continua a parlare anche di tassare di nuovo i capitali rientrati con la sanatoria del 2009-2010. In alcuni ambienti di maggioranza si pensa ad un’aliquota tra l’1 e il 5%, le opposizioni invece vorrebbero praticamente annullare l’effetto del condono con un prelievo (oltre a quello già effettuato tra il 5 e il 7%) tra il 15 e il 20%. Con un’asticella al 5%, il gettito (considerato che i capitali rientrati ammontano a 104,5 miliardi) aggiuntivo, ammesso che sia praticabile (e costituzionalmente legittimo) rintracciare gli evasori pentiti, potrebbe sfiorare i 5 miliardi.

La stangata sull’Iva
Più o meno la stessa cifra è quella che potrebbe entrare nelle casse dello Stato con un aumento di un solo punto percentuale (dal 20 al 21%) dell’Iva. Alla Lega non piace. L’effetto, d’altra parte, sarebbe quello opposto al Tfr, di deprimere i consumi. Silvio Berlusconi, invece, ha detto più volte che avrebbe preferito alzare l’Iva piuttosto che mettere le mani nelle tasche degli italiani con il contributo di solidarietà.
Resta, infine, sul tavolo l’ipotesi di intervenire sulle pensioni di anzianità. Anche qui i leghisti non ne vogliono sapere. Ma tra le varie soluzioni allo studio c’è quella di un anticipo dal 2013 al 2012 della quota 97 (età anagrafica più contributi).


© Libero