venerdì 17 gennaio 2020

Contrordine compagni: viva il nucleare

L’Europa, malgrado le proteste della Francia e il malumore del blocco di Visegrad (Austria esclusa) ha appena bocciato il nucleare. L’energia derivante dall’atomo, che genera bassissime emissioni di CO2, non è stata infatti inserita dal Parlamento di Strasburgo tra le fonti pulite che riceveranno parte dei finanziamenti provenienti dal grande Green Deal promosso da Bruxelles. Ma gli obiettivi imposti dalla Ue per avvicinarsi alla cosiddetta «neutralità climatica», taglio delle emissioni del 55% rispetto al 1990 entro il 2030 invece del 40% attualmente previsto, sono così ambiziosi, per non dire irraggiungibili, che anche i più ferventi ambientalisti, spente le telecamere e i riflettori, nutrono più di un dubbio sulla fattibilità del piano.

Certo, il furore ideologico non ammette tentennamenti o ripensamenti. Anche quando, come sta accadendo in questi giorni a Roma, si verifica dati alla mano che il blocco delle auto diesel di ultima generazione, superecologiche, non produce alcun miglioramento sulla qualità dell’aria. Oppure quando si constata che la guerra europea ai veicoli a gasolio ha avuto come principale risultato quello di rilanciare le vendite di auto a benzina, ben più inquinanti. Il credo catastrofista dei difensori dell’ambiente, come qualsiasi dogma che si rispetti, non può essere messo in discussione da qualche fatto che non si adegui alla teoria. Eppure, tra i seguaci della decarbonizzazione planetaria e della guerra ai combustibili fossili, sta tornando a serpeggiare l’idea che la frettolosa crociata contro il nucleare non sia stata la migliore delle battaglie in difesa del clima.

Le centrali italiane
L’Italia ne sa qualcosa, dopo oltre trent’anni dalla chiusura delle centrali nucleari ci sono ancora, come ha spiegato ieri l’Enea, 23 siti di scorie tossiche che non sappiamo dove stoccare in maniera definitiva. Nel frattempo mezza Europa ha continuato a produrre energia dall’atomo e il prezzo della nostra elettricità (causa tasse, oneri di sistema, incentivi alle rinnovabili e costo della materia prima) è diventato circa il doppio di quello medio pagato da famiglie e imprese nel Vecchio continente.
Ma a sorpresa i ripensamenti arrivano pure dalla Germania, che alle elezioni dello scorso maggio ha visto il partito ambientalista diventare la seconda forza politica del Paese e che proprio in questi giorni ha dato un colpo d’acceleratore alla svolta verde, anticipando al 2035 l’abbandono degli impianti a carbone programmato per il 2038. Mentre la chiusura delle centrali nucleari è addirittura prevista per il 2022.
Sarà un caso, ma proprio ieri il governatore della Sassonia, Michael Kretschmer, rieletto di recente con il sostegno di una coalizione “kenia” con Cdu, Verdi e Spd, se n’è uscito dicendo al Frankfurter Allgemeine Zeitung che la Germania potrebbe tornare a utilizzare il nucleare, «se sarà necessario». La questione, ha aggiunto, «verrà posta tra dieci o 15 anni. Ciò non significa che stiamo costruendo nuove centrali, ma che dobbiamo continuare a essere competenti in materia».

Pure Greta è d’accordo
Mentre l’ultimo numero dell’Internazionale ha dedicato la copertina ad un articolo ripreso da Der Spiegel, quotidiano tedesco vicino al centrosinistra, il cui titolo la dice lunga: «E se fosse il nucleare la soluzione alla crisi climatica?». Il pezzo firmato da Philip Bethge ruota intorno alle tecnologia di nuova generazione, in particolare quelle a cui stanno lavorando la TerraPower, finanziata da Bill Gates, e NuScale, una start up dell’Oregon, che di fatto azzerano i rischi Cernobyl e Fukushima.
Un’ultima frontiera che ha suscitato persino l’interesse della guru Greta Thunberg. «Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, il nucleare potrebbe rappresentare una piccola parte di una grande soluzione innovativa per un’energia a emissioni zero», ha scritto tempo fa su Facebook. La piccola attivista, assalita dai suoi fan, è stata rapidamente costretta alla marcia indietro. Ma gli ambientalisti più avveduti e meno talebani sanno bene che, per una volta, la ragazzina l’aveva detta giusta.

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