La novità contenuta nell' articolo 29 della legge di bilancio modifica, estendendone il raggio d' azione, il cumulo gratuito introdotto alla fine del 2012 dal governo Monti. Un tentativo pasticciato di concedere una parziale scappatoia a chi si ritrova incastrato tra diverse posizioni contributive senza avere la possibilità di andare in pensione, se non pagando cifre esorbitanti. Lo strumento ideato dall' ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, prevede sì la ricongiunzione gratuita dei soldi versati agli enti previdenziali, ma vincola l' accesso al beneficio a chi non ha maturato il diritto autonomo al trattamento pensionistico (requisito contributivo di almeno 20 anni) in nessuna delle forme assicurative oggetto dell' unificazione e solo per ottenere la pensione di vecchiaia o di inabilità.
I PALETTI DELLA FORNERO Un combinato disposto che lascia fuori la stragrande maggioranza dei lavoratori. Esclusi del tutto, allora come oggi, i professionisti. Per loro, come per chi non rientra nei paletti previsti dalla Fornero, restavano fino ad ora due alternative. La prima è quella della totalizzazione.
Una forma aperta a tutti, sia per il trattamento di vecchiaia sia per quello di anzianità. Con una trappola, però. Il calcolo della pensione viene effettuato interamente con il contributivo, quindi con una forte penalizzazione sull' importo. L' altra possibilità è quella della ricongiunzione, diventata onerosa con la legge 122 del 2010 varata dal governo Berlusconi per impedire, si disse allora, la fuga delle statali con contributi anche nel privato dall' Inpdap all' Inps per evitare la tagliola dell' aumento dell' età pensionabile (che due anni più tardi sarebbe passata da 60 a 65 anni per le lavoratrici del pubblico).
Lo strumento è a disposizione di tutti. L' importo da pagare viene determinato, tecnicamente, «in relazione alla collocazione temporale dei periodi ricongiunti ed alla loro valutazione ai fini pensionistici». Chi ci ha provato negli scorsi anni, però, sta ancora leccandosi le ferite. Il conto è solitamente astronomico.
Tutto questo viene ora spazzato via da un intervento a cui sia il Parlamento sia il governo stavano lavorando da tempo. «Si tratta», ha ammesso il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, lo scorso gennaio, «di una situazione ingiusta» che avrebbe dovuto essere risolta già nella Finanziaria 2016. Poi, per «ragioni esdi compatibilità di bilancio», la riforma non è andata in porto. Ma resta «la volontà del governo di promuovere tutte le iniziative normative che ci consentano di affrontare la questione».
Nel momento di intervenire, però, il governo si è dimenticato per strada i professionisti, un esercito di 1,7 milioni di iscritti agli enti previdenziali di categoria. Cosa curiosa, visto che solo qualche tempo fa il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, vicinissimo a Matteo Renzi, definiva l' ipotesi di «favorire il ricongiungimento fra i contributi della gestione separata e quelli alle casse private o ad altre gestioni Inps un passo verso l' equità e la civiltà».
LA COPERTURA NON C' ENTRA Che sia una questione di coperture è difficile da sostenere. L' operazione del cumulo gratuito, come emerge dalla relazione tecnica alla legge di bilancio, peserà sul sistema pensionistico 98 milioni il primo anno e 497 nel 2026. Aggiungere i professionisti, come si evince dal calcolo elaborato dai tecnici dell' Inps nel 2014 per valutare gli effetti della proposta di legge di Maria Luisa Gnecchi (Pd) sul cumulo gratuito per tutti, peraltro ancora incardinata in commissione Lavoro della Camera, sarebbe costato 4,8 milioni in più il primo anno e 54 a regime. Briciole nei miliardi messi sul tavolo per le pensioni dalla manovra. Da Palazzo Chigi, come si legge nelle slide preparate dal sottosegretario alla presidenza, Tommaso Nannicini, si limitano a spiegare che «le Casse autonome hanno meccanismi di funzionamento e sostenibilità finanziaria indipendenti, con proprie regole su ricongiunzioni onerose». Il che non chiarisce molto. Più probabile, come ipotizza la stessa Gnecchi, da anni impegnata su questo fronte, «è che il governo non abbia voluto aprire un altro fronte di battaglia, perché l' allargamento piace poco all' Inps, ma anche alle casse private, che vedrebbero svanire una buona parte dei contributi silenti (versati e non riscossi) e dovrebbero fronteggiare un repentino aumento della platea dei pensionati».
PARLAMENTO ALL' OPERA Ma il Parlamento non resterà a guardare. A sostegno di un allargamento della ricongiunzione c' è un nutrito schieramento trasversale che sta affilando le armi. Tra i più agguerriti, c' è Rocco Palese dei Conservatori Riformisti, che ha già messo a punto un emendamento e sta raccogliendo in questi giorni le firme. Ma in prima fila ci sono anche l' ex ministro Maurizio Sacconi (Ap), Gian Luigi Gigli (Democrazia solidale) e Giovanni Mottola (Scelta Civica). La Gnecchi è ottimista, ma cauta. «Sulla questione c' è un consenso diffuso», dice, «ma prima di togliere la mia proposta di legge dall' ordine del giorno aspettiamo di vedere il testo finale della manovra».
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