sabato 5 novembre 2016

Andare in pensione prima costerà un quinto dell'assegno

Dall’Ape a Equitalia, passando per gli sgravi alle assunzioni, il contrasto alla povertà e i contributi delle partite Iva. Mentre il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, spiegava in Parlamento che il prossimo anno ci saranno 23,5 miliardi di tasse in meno, il team economico di Palazzo Chigi guidato dal sottosegretario Tommaso Nannicini è sceso in campo sulla manovra con una pioggia di slide, tabelle e persino sezioni a domanda e risposta per respingere le critiche sollevate in questi giorni.

Il pacchetto più corposo dei dossier pubblicati sul sito del governo è senz’altro quello delle pensioni, da cui emerge che l’anticipo potrà costare molto caro, fino a un quinto dell’assegno. Chi vorrà usufruire dell’Ape volontaria pagherà una rata sulla pensione netta futura fino al 5,5% medio annuo. In  caso di tre anni e sette mesi di anticipo  e di un’Ape richiesta al 100% della pensione certificata mensile la rata si avvicinerà al 20% dell’assegno netto e non alla media del 4,6-4,7% annuo comunicata finora, che fa riferimento ad una richiesta di Ape dell’85% della pensione.
Dalle tabelle che affrontano tutti gli interventi in materia previdenziale della legge di Bilancio, dall ’Ape social alla quattordicesima, emerge che l’insieme delle misure costa 6,8 miliardi tra il 2017 e il 2019 e 24,3 miliardi cumulati tra il 2017 e il 2026 (in media 2,4 miliardi l’anno). Le tavole riportano nel dettaglio i requisiti per accedere all’Ape volontaria (almeno 63 anni di età, 3 anni e sette mesi di distanza massima dalla pensione di vecchiaia, 20 anni di contributi).

Il prestito viene erogato in rate mensili, mentre all’età di vecchiaia l’Inps erogherà la pensione al netto della rata di ammortamento inclusiva di restituzione del capitale, interessi e assicurazione. Se il pensionato muore prima di aver finito di restituire il prestito, l’assicurazione paga il debito residuo e l’eventuale reversibilità viene corrisposta senza decurtazioni. Dopo 20 anni dal pensionamento si completa la restituzione e la pensione torna al livello normale.
Le ipotesi finanziarie di base,  si legge nelle tabelle, sono di un TAN al 2,5% e di un premio assicurativo del 29% del capitale mentre è prevista una detrazione fiscale del 50% della quota di interessi e del premio. A fronte di una pensione netta certificata dall’Inps di 1.286 euro al mese per 13 mesi (da una lorda di 1.615 euro) e una richiesta per l’Ape dell’85% della pensione netta mensile per tre anni (1.093 euro al mese) secondo i calcoli di palazzo Chigi la rata una volta raggiunta la pensione di vecchiaia sarebbe di 258 euro al mese ma scenderebbe a 208 grazie alle agevolazioni fiscali. Dal momento in cui si accede alla pensione di vecchiaia per tutti i 20 anni di restituzione del prestito si avrebbe una pensione netta meno rate e detrazioni di 1.078 euro al mese. La platea potenziale per l ’Ape volontaria secondo il governo sarà di 300.000 persone nel 2017 e di 115.000 nel 2018.

Per l’anticipo pensionistico si può utilizzare anche una parte o la totalità del capitale accumulato con la previdenza complementare (opzione Rita). Con un capitale  di 27.539 euro (98 al mese da ricevere a partire dall’età di vecchiaia) il lavoratore può decidere se utilizzarli per un anno di anticipo  (1.950 euro al mese), per due anni (975 al mese) o per tre anni (650 al mese).
Chi è in condizione di bisogno può chiedere l’Ape social. Bisogna avere 63 anni di età a 30 di contributi se disoccupati o disabili (con un grado di invalidità di almeno il 74%) e 36 se impegnati in attività pesanti (e per almeno sei anni). Si riceve un trasferimento monetario direttamente dall’Inps pari alla pensione certificata al momento della richiesta (ma per 12 mesi) se inferiore ai 1.500 euro lordi. Secondo un esempio contenuto nelle tabelle con una pensione lorda di 1.000 euro (865 netti) il reddito ponte netto è di 899 euro. Su questo capitolo Padoan ha messo le mani avanti, spiegando che «se funzionerà o no, vedremo». Parole che hanno «seriamente preoccupato», il piddino Cesare Damiano: «Non vorrei scoprire che dobbiamo ancora verificare se ci sono le risorse finanziarie».
Da interpretare pure il segnale lanciato da Palazzo Chigi sull’aggio di Equitalia. Abolirlo costrebbe 600 milioni, più altri 300 per le spese di riscossione, si legge nei documenti di Nannicini, «ma il superamento di Equitalia pone le basi per arrivare eventualmente anche alla soppressione definitiva dell’aggio». Intanto, tra gli oltre mille emendamenti al dl fiscale, spiccano le proposte di Ap e Pd per mettere un tetto, una volta chiusa la sanatoria, agli aumenti esponenziali delle cartelle esattoriali. Mentre il M5S punta ad abolire veramente Equitalia riportando la riscossione in seno all’Agenzia delle Entrate.

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