giovedì 17 novembre 2016

Ultima trovata del Pd per fare cassa: tassa sul caro estinto

Mentre i riflettori sono tutti puntati sulla legge di bilancio, dove tra gli emendamenti del Pd è persino spuntato un balzello sui cani non sterilizzati, fuori dal clamore c’è chi continua a lavorare alla norma che qualcuno ha già ribattezzato «tassa sulla morte». Il provvedimento, incardinato da circa due anni al Senato, proprio in questi giorni ha superato il giro di boa con l’unificazione con altri due testi simili (S. 447 e S. 2492) e il deposito degli emendamenti nella commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama. L’obiettivo ufficiale della proposta di legge (S. 1661), presentata nel settembre 2014 da un drappello di senatori piddini (a cui si sono accodati in seguito anche esponenti di Lega, Ap e Forza Italia) capitanato da Stefano Vaccari, è quello di disciplinare le attività funerarie. Un settore il cui ordinamento, si legge nella relazione , «prevede ancora oggi un impianto che poco si discosta da quello consolidatosi sul finire dell’Ottocento».

Per modernizzare la macchina del caro estinto, inutile dirlo, i parlamentari hanno pensato bene di introdurre nuove tasse e nuovi paletti che, oltre ad alleggerire il portafoglio dei contribuenti colpiti dal lutto, rischiano anche di desertificare un comparto che ad oggi conta circa 6.400 imprese, in prevalenza medie e piccole, con un giro di affari certificato dal fisco (sulla base delle detrazioni Irpef) di 850 milioni, ma stimato dal Parlamento (comprendendo le opere cimiteriali e lapidee) in circa 3 miliardi di euro l’anno.
La scusa per l’ennesima stangata è sempre la stessa: combattere l’evasione ed adeguarsi alle normative Ue. Il combinato disposto è alla base delle misure fiscali contenute all’articolo 21 della legge che, innanzitutto, introduce l’applicazione dell’Iva ridotta al 10% sui servizi funerari, finora esenti da imposte. Per compensare il salasso, il testo modifica le agevolazioni oggi previste, innalzando la soglia complessiva delle somme da portare in detrazione del 19% da 1.549 a 7.500 euro. Una misura bizzarra, considerato che le spese per i funerali si aggirano in media (secondo le stime del fisco e quelle del Parlamento) tra i 2.500 e i 5mila euro. Per di più, la legge riduce anche dal 100% al 75% (la proposta iniziale era addirittura al 50%) la quota di costi che può essere sottratta dalle tasse. La sostanza è che a fronte dell’Iva al 10% le detrazioni per la maggior parte delle persone (che sceglie funerali economici) si ridurranno. Senza contare chi le tasse non le paga proprio, come gli incapienti, che si beccherà il nuovo balzello senza avere nulla in cambio.

Le fasce più deboli resteranno fuori pure dagli incentivi alle forme di assicurazione per la previdenza funebre e cimiteriale introdotti dal provvedimento. Le polizze per abbattere i costi delle esequie, infatti, potranno essere detratte con le stesse soglie e percentuali delle spese dirette.
Ma non è finita. Oltre a provocare un sicuro aggravio della Tasi (che il sito StudioCataldi.it quantifica in una quota non inferiore al 20%), poiché gli oneri del sistema funerario per i comuni verranno coperti con la tassa sui servizi indivisibili, il provvedimento dispone anche che, per i costi relativi alla vigilanza e al controllo sull’osservanza delle norme per le attività funebri nel proprio territorio, si dovrà pagare all’amministrazione un contributo fisso per ogni funerale e per ogni operazione cimiteriale di 30 euro, che saranno rivalutati di anno in anno in base al tasso di inflazione.
Non andrà meglio alle imprese del settore, che per restare sul mercato dovranno adeguarsi ad una serie di precisi requisiti. Per chi gestisce più di 300 funerali l’anno sarà obbligatorio dotarsi di almeno di 3 mezzi funebri di proprietà di 6 necrofori assunti a tempo indeterminato e di un direttore tecnico. Sopra le mille esequie i mezzi diventano 4, i necrofori 12. Emerge chiaramente, ha denunciato Confartigianato-Imprese Italia, «la volonta di andare verso una drastica diminuzione del numero di imprese operanti nel settore», che gli stessi promotori hanno dichiarato di voler portare a 600 dalle 6.400 attuali. A chiudere i battenti saranno, ovviamente, le piccole e le micro, che oggi rappresentano circa l’80% di quelle attive nelle onoranze funebri.

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