Il termine per la presentazione del 730 è slittato dal 7 al 23 luglio. Ma difficilmente due settimane saranno sufficienti per districarsi dalle trappole del nuovo precompilato, che, almeno per ora, sembra aver complicato di molto la vita dei contribuenti. A far venire i capelli dritti persino ai più esperti è sicuramente il miscuglio indecifrabile di dati che vengono automaticamente inseriti nel modulo della dichiarazione e quelli che, invece, ne restano fuori e devono essere aggiunti «a mano». La linea di confine è sottile e non facilmente individuabile. Tanto per fare un esempio, gli interessi passivi del mutuo o i contributi alla colf, ad esempio ci sono, ma le spese per il nido o quelle per lo sport dei figli a carico no.
Ma il vero guazzabuglio riguarda la sanità. In linea teorica sul 730 precompilato dovreste trovare tutte le spese farmaceutiche effettuate presentando il codice fiscale. Qui il grado di affidabilità è abbastanza elevato. Poi, si entra nel regno dell’incertezza. Per quanto riguarda le prestazioni specialistiche, ad esempio, l’inserimento delle spese è appeso al corretto invio da parte della struttura medica. Così come per le analisi, le spese del dentista o l’acquisto di attrezzature sanitarie. Anche per i farmaci da banco sarà probabilmente necessaria l’aggiunta manuale.
Ostica persino per un commercialista è poi la questione dei rimborsi. Pur non avendo guadagnato nulla a parte lo stipendio è assai probabile che molti contribuenti quest’anno si troveranno delle somme inserite alla voce redditi assoggettabili a tassazione separata. Non si tratta, purtroppo, di un dono di qualche benefattore che vi ha versato dei soldi a vostra insaputa. Ma, come segnalato ieri anche dal Messaggero, nella maggior parte dei casi sono rimborsi di spese sanitarie che sono state portate in detrazione in un precedente periodo di imposta.
Un esempio può aiutare a capire meglio: avete fatto una visita medica nel dicembre 2014 e nel 2015 avete inserito la relativa fattura nell’elenco delle spese detraibili al 19%, come avviene per tutte le spese sanitarie oltre la franchigia di 129,11 euro. A gennaio 2015, però, la vostra assicurazione integrativa o professionale vi ha rimborsato l’importo della fattura. E la stessa assicurazione ha comunicato l’importo all’Agenzia delle entrate. A quel punto per il fisco voi nel 2015 avete incassato una somma su cui adesso dovete pagare le tasse, seppure con una modalità specifica. Queste «redditi», infatti vengono tassati «separatamente», con una aliquota media calcolata su un reddito figurativo composto dalla metà del reddito complessivo netto dichiarato dal contribuente nel biennio precedente. Già qui si capisce bene che effettuare calcoli per un normale cittadino è quasi impossibile.
Eppure, è questo che vi chiede l’Agenzia delle entrate. Quando arrivate al Quadro Q rigo D7 del vostro 730 precompilato (o RM8 del modello Unico) e trovate delle somme indicate avete due alternative: o lasciarle così come sono e pagarci sopra la tassazione separata, oppure modificarle, fino anche ad azzerarle. L’opzione non è a piacere, ma obbligata. Se nell’anno di imposta precedente avete portato in detrazione le spese mediche, allora quello successivo dovete pagare il dovuto al fisco sugli eventuali rimborsi. Se, invece, avete portato in detrazione solo le spese non rimborsabili dall’assicurazione privata, allora dovete toglierle dal rigo D7 del 730.
Messa così la questione sembra semplice. Il problema nasce, come nell’esempio precedente, da spese e rimborsi che avvengono in anni non coincidenti. Le casse sanitarie integrative, infatti, mandano al fisco i dati con i rimborsi effettuati nell’anno di imposta, anche se relativi a spese effettuate l’anno precedente. E su questo l’Agenzia delle entrate si basa, poiché nel 730 vengono inserite automaticamente tutte le spese sanitarie al netto di quelle già rimborsate. Questo perché il contributo versato all’assicurazione privata viene già portato in deduzione e scaricare tutto dalle tasse configurerebbe un doppio beneficio. Sarà quindi il contribuente a dover verificare con attenzione se il rimborso inserito nei redditi a tassazione separata sia stato o meno detratto dalle imposte in sede della dichiarazione dei redditi fatta l’anno prima. Ed eventualmente modificare il precompilato.
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