Bruxelles, per bocca del commissario Ue per l’industria, Elzbieta Bienkowska, continua ad invocare «tolleranza zero» e a chiedere «informative complete e test solidi» a tutti i 28 Paesi europei. Ma i buoi sono già usciti dalla stalla. Le auto taroccate sono praticamente ovunque. «Siamo stati informati che anche in Europa i veicoli con motori diesel 1.6 e 2.0 sono stati manipolati», ha rivelato il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrint. E molti di questi circolano anche in Italia. Nella lettera di risposta al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, l’ad di Volkswagen Italia, Massimo Nordio, ha assicurato che tutte le diesel euro 6 sono «rispondenti alla normative Ue».
Ma per le altre motorizzazioni l’azienda «sta lavorando per comprendere se le anomalie riscontrate all’estero possano riguardare tecnologie utilizzate anche su autoveicoli in vendita o circolanti in Italia». Ne sembra convinto il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che ieri sera, intervenendo a Porta a Porta ha spiegato che il problema da noi «potrebbe riguardare diverse centinaia di migliaia di auto». Il dato preciso non c’è, ma «si presume che siano attorno al milione».
Sempre che il giochino sia limitato alla Volkswagen. Cosa per nulla scontata. Ieri nella bufera è finito anche il marchio Bmw. Il Suv X3, stando ad uno studio riportato da Autobild, avrebbe valori 11 volte superiori a quelli dei test. L’azienda ha subito smentito, dicendo che «Bmw non manipola i suoi veicoli e non distingue fra strada e test in laboratorio».
Dichiarazioni che non hanno impedito al titolo di scivolare in Borsa del 5,5%, come del resto ha fatto anche la Fiat (Fca), crollata del 7,5%. Nessuna smentita è invece arrivata dalla Seat, tirata in ballo da El Pais. La controllata spagnola del gruppo tedesco ha assicurato che «tutte le nuove auto euro 6 soddisfano le norme ambientali», ma ha confessato di aver montato più di mezzo milione di motori truccati su auto prodotte dal 2009.
Vista la situazione, e in attesa che oggi la Volkswagen sveli quante degli 11 milioni di vetture tarocche siano finite in Europa, la Germania ha annunciato «test random» anche su altre case automobilistiche. Lo stesso farà la Gran Bretagna. Dopo aver definito «inaccettabili» le azioni commesse dal gruppo tedesco, il ministro dei Trasporti, Patrick McLoughlin, ha promesso indagini a tappeto su tutti i marchi. Pure in Italia, ha detto ieri Delrio, saranno effettuati controlli a campione su 1.000 auto prelevate direttamente dai concessionari. Un’inchiesta giudiziaria, sempre a tutto campo, è invece quella avviata dal pm di Torino Giovanni Guariniello, che ha aperto un fascicolo contro ignoti per verificare le ipotesi di frode in commercio e disastro ambientale. Ad effettuare i controlli saranno i carabinieri del Nas affiancati da esperti del Politecnico.
Alla Volkswagen intanto, che oggi dovrebbe consegnare la guida del gruppo al ceo di Porsche, Mathias Mueller, la tensione resta altissima. Moody’s ha portato a negativa la prospettiva sul rating e anche S&P ha ventilato un taglio. Mentre dagli Usa è spuntata la lettera dello scorso aprile inviata ai clienti californiani per una generica «azione di richiamo per problemi di emissioni». C’è poi chi ipotizza una maxi class action mondiale che potrebbe sfiorare i 50 miliardi.
Il dieselgate, comunque, sembra solo agli inizi. Il Guardian, ad esempio, accusa Francia, Gran Bretagna e Germania di aver fatto fino a pochi mesi fa un’intensa attività lobbistica sulla Ue per consentire che anche i nuovi test sulle emissioni, in arrivo nel 2017, consentissero i vecchi escamotage. Una tesi che potrebbe rilanciare le polemiche sulla complicità della politca. A Berlino, però, non si sono scomposti. Anzi, con una considerevole faccia tosta, il ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, ha addirittura auspicato «incentivi per le auto elettriche». Misura che dovrebbe essere in ogni caso autorizzata dalla Ue.
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