A non convincere la Ue è il ruolo dello Stato, che secondo il piano del governo dovrebbe fornire una garanzia pubblica al veicolo che incorporerà, per poi riversarla sul mercato, una parte dei circa 200 miliardi di crediti inesigibili. «Deciderà l’Italia», ha detto la Vestager, ma nel momento in cui si dovessero dare «vantaggi a determinate banche bisognerebbe anche creare l’esigenza di una ristrutturazione». Di sicuro, ha chiarito, «è importante che non paghino i contribuenti» la differenza tra il valore di mercato e quello a cui il credito viene trasferito. Cosa che invece rischia di verificarsi se le sofferenze dovessero godere della garanzia dello Stato.
Il cammino della bad bank si intreccia inevitabilmente con quello del nuovo meccanismo europeo di risoluzione bancaria (bail-in) introdotto nella legislazione italiana, con un ritardo di circa un anno e mezzo rispetto alle richieste di Bruxelles, lo scorso luglio. Per l’operatività delle nuove regole manca solo il via libera finale del decreto legislativo, che ieri è stato esaminato in Cdm, da parte del governo. Ma la norma è già incardinata e partirà il prossimo gennaio.
Da allora, soci e clienti, con esclusione dei correntisti sotto i 100mila euro, potrebbero essere coinvolti nei fallimenti bancari. Bankitalia e governo hanno assicurato che l’ipotesi di svalutazione dei crediti e prelievi forzosi, come è accaduto a Cipro nella primavera del 2013, è peregrina.
Eppure, sono diverse le banche in Italia che rischiano di esplodere insieme ai risparmiatori. Solo qualche settimana fa il Fondo di garanzia delle Bcc è dovuto intervenire in corner per evitare che i crediti subordinati (obbligazioni junior ad alto rischio) sottoscritte da molti soci di Banca Romagna cooperativa diventassero carta straccia.
E lo stesso si prepara a fare il Fondo interbancario di tutela dei depositi per altri tre istituti commissariati che rischiano di finire a gambe all’aria. In ballo, nei salvataggi di Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Banca Etruria, ci sono circa 700 milioni di obbligazioni subordinate che potrebbero essere coinvolte nell’operazione, considerato che complessivamente il fabbisogno di capitale sfiora la soglia dei 2 miliardi. E il contagio, se scattasse il bail-in, che prevede la distribuzione delle perdite a cascata sulle varie categorie di creditori, potrebbe facilmente raggiungere piccoli risparmiatori, Pmi e persino il ministro Maria Elena Boschi, che dell’Etruria ha un piccolo pacchetto di azioni. Non a caso Bankitalia sta lavorando sul dossier a testa bassa, nel tentativo di chiudere tutto entro la fine dell’anno.