mercoledì 9 settembre 2015

Juncker presenta il piano Ue sulle quote

Alla vigilia della presentazione del piano Juncker, l’Europa continua a presentarsi divisa sull’emergenza migranti. Mentre Viktor Orban procede a testa bassa sul muro tra Ungheria e Serbia, chiedendo più operai per velocizzare la costruzione della barriera di filo spinato, da Berlino arriva una nuova apertura. «Ritengo che potremo certamente far fronte a qualcosa come mezzo milioni di profughi, forse anche più, per diversi anni», ha sparato in un’intervista alla tv pubblica Zdf il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel, confermando la linea abilmente seguita dalla Merkel nei giorni scorsi. E l’accoglienza sarà anche sostenibile dal punto di vista economico.

Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, si è infatti affrettato ad assicurare, per evitare di spaventare i connazionali, che i costi supplementari che derivano dall’ondata di profughi e immigrati non verranno coperti accumulando debito pubblico: «Non dobbiamo lasciare il conto alle prossime generazioni».
La Germania, comunque, chiede che tutti facciano la propria parte. Berlino, ha spiegato Gabriel, «continuerà a farsi carico di una quota largamente sproporzionata, ma la linea europea deve cambiare». Concetto ribadito anche da Angela Merkel, che ha definito il piano Ue solo «un primo passo». Rispetto all’obiettivo di quote vincolanti di migranti, ha detto durante una conferenza stampa col primo ministro svedese Stefen Loefven,«siamo purtroppo molto lontani e pensiamo che qualcosa debba cambiare». Occorre, ha proseguito, «un sistema aperto di distribuzione dei profughi, perché Italia e Grecia non possono farcela da soli».

I riflettori sono puntati sul discorso di questa mattina sullo stato dell’Unione, nell’ambito del quale, il presidente Jean Claude Juncker (che è stato colpito da un lutto familiare e forse lascerà il posto al vicepresidente Frans Timmermans) presenterà ufficialmente a Strasburgo un pacchetto di misure, che ieri avrebbe già avuto l’approvazione informale del Collegio dei commisari Ue, per risolvere in maniera permanente la questione dei profughi. Tra queste ci sarà anche la ripartizione (relocation) immediata di altri 120mila migranti. Stando agli ultimi numeri alla Germania saranno assegnati 31mila richiedenti protezione, mentre Parigi ne accoglierà 24mila e la Spagna 15mila.
La redistribuzione di persone da Italia, Grecia e Ungheria si baserà su un meccanismo temporaneo di quote obbligatorie. Saranno 15.600 i profughi che verranno ricollocati dall’Italia, che andranno ad aggiungersi ai 24mila già decisi in precedenza (nell’ambito del piano da 40mila, di cui 16mila dalla Grecia) su cui il Parlamento Ue si esprimerà oggi.

Il singolo Paese potrà rifiutarsi di rispettare la sua quota, ma solo per un anno e per motivi gravi. In caso di opt out, secondo quanto emerso ieri, scatteranno sanzioni pari allo 0,002% del pil. Le multe confluiranno nel Fondo per asilo, migrazione e integrazione (Amif). Allo studio della Commissione ci sarebbe anche un trust fond, che potrebbe partire con una cifra iniziale di 1,5 miliardi, per cooperare con i Paesi africani e risolvere all’origine le cause delle migrazioni.
Junker presenterà, inoltre, anche una proposta per facilitare e velocizzare il rimpatrio dei migranti economici, che non hanno titolo all’asilo, e una lista dei cosiddetti «paesi sicuri», ovvero degli Stati di provenienza che non sono a rischio per l’incolumità e i diritti umani dei migranti, che possono quindi essere rinviati a casa senza violare la Convenzione di Ginevra (la lista conterrà, in particolare, tutti i paesi candidati all’adesione all ’Ue).

Resta da capire come il piano sarà accolto dai Paesi dell’Est, in particolare Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, che vorrebbero invece mantenere a livello nazionale tutte le decisioni relative all’accoglienza dei rifiugiati.
Nel frattempo, i migranti continuano ad affluire ai confini orientali nel tentativo di attraversare i Balcani per arrivare nell’Europa settentrionale. La tensione resta altissima alla frontiera serba dove centinaia di migranti anche ieri hanno forzato un cordone della polizia ungherese dirigendosi verso nord-est. È la stessa area, quella di Roszke, in cui si è recato in visita la scorsa notta il premier Orban per ordinare di accelerare la costruzione della barriera anti-immigrati di 175 chilometri che dovrebbe essere pronta entro il 15 settembre. Sono stati proprio i ritardi nella realizzazione del muro, secondo quanto si è appreso ieri, a provocare le dimissioni del ministro della Difesa, Csaba Hende, accusato di scarsa solerzia nel mandare avanti i lavori.

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