mercoledì 23 settembre 2015

Nel caos di Pop Vicenza arrivano i pm

Perquisizioni a tappeto della Gdf nelle sede del capoluogo berico e in tutti gli uffici direzionali di Milano, Roma e Palermo. Otto indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza tra cui l’ex dg e ad dell’istituto Samuele Sorato e lo storico presidente Giovanni Zonin. Dopo i problemi con la nuova vigilanza bancaria della Bce, le denunce delle associazioni dei consumatori e le difficoltà legate alla trasformazione in spa imposta dalla riforma del governo, a complicare il cammino della Banca Popolare di Vicenza arriva anche la magistratura.

«Gli atti di indagine», ha spiegato il procuratore di Vicenza Antonino Cappelleri, «sono ritenuti indispensabili dagli inquirenti d’intesa con il sottoscritto, nell’ambito della più complessa acquisizione istruttoria, per rendere compiuta la necessaria e doverosa ricerca di elementi probatori documentali, intesa sia all’accertamento e riscontro degli elementi di fatto sia all’attribuzione delle responsabilità soggettive». Insomma, «solo alla conclusione dell’inchiesta potrà intendersi sussistente e confermata l’ipotesi di reato ipotizzata».
Cautele doverose che però non attenuano granché le conseguenze esplosive dell’iniziativa giudiziaria. A partire da una possibile amministrazione controllata che, secondo alcuni, è già in rampa di lancio da mesi.

Il nuovo manager chiamato lo scorso giugno a guidare la banca, l’ad Francesco Iorio, si è trincerato dietro una dichiarazione di rito: «Ho massima fiducia nella magistratura, di più non posso dire». Ma l’atmosfera alla popolare guidata da 19 anni dal «viticoltore prestato alla finanza», come lui stesso ama definirsi, Giovanni Zonin, è pesantissima.
Dietro l’indagine coordinata dal pm Luigi Salvadori ci sarebbero le risultanze delle ispezioni condotte nei mesi scorsi dalla Bce, da cui è emerso in sostanza che gli ingenti aumenti di capitale sottoscritti dagli azionisti negli anni scorsi per rientrare nei requisiti patrimoniali chiesti dalla Ue sono stati finanziati dalla stessa banca. Con questo sistema, secondo gli ispettori di Francoforte, l’istituto avrebbe agevolato operazioni di ripatrimonializzazione per 975 milioni, praticamente un quarto dell’intero capitale.

A cascata, gli inquirenti vogliono vederci chiaro anche sulla sovrastima del prezzo delle azioni, che nei mesi scorsi è stata oggetto di una serie di esposti delle associazioni dei consumatori e di ben sette denunce presentate in procura dal legale di alcuni dei 117mila soci, Renato Bertelle, secondo cui la sovra valutazione dei titoli «era già stata certificata dalla Banca d’Italia nel 2001».
Zunin, 77 anni, da 32 nel consiglio dell’istituto di credito, ha preso duramente le distanza dalle pratiche illecite scaricando tutta la responsabilità su Sorato e annunciando azioni di rivalsa contro l’ex manager. Il quale, denunciando a sua volta Zunin, ha promesso che fornirà pubblicamente «ogni delucidazione necessaria».  Un duello a distanza che non cambia di molto la situazione per i soci che prima dell’estate hanno dovuto ingoiare il taglio del valore dei titoli voluto dal cda da 62,5 a 48 euro e ora, dopo la perdita di un miliardo del primo semestre e la disposizione della Bce di iscrivere a riserva indisponibile 611 milioni, sono chiamati ad un nuovo maxi aumento da 1,5 miliardi che proprio in questi giorni, con la firma dell’accordo di garanzia con Unicredit, sta prendendo forma.
Oltre alle iniziative dei consumatori, che hanno già annunciato ulteriori esposti, inziative collettive e class action, sull’inchiesta si sono subito avventati i sindacati, secondo cui «i disastri che alcuni top manager e i vertici della banca hanno perpetrato negli ultimi anni a danno del tessuto sociale non possono rimanere impuniti».
Dalla banca per ora non si scompongono e fanno sapere che il management ha continuato anche ieri a lavorare al piano industriale che dovrebbe essere presentato il 29 settembre.

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