mercoledì 4 marzo 2015

La svolta sulla scuola di Renzi resta in ghiacciaia

Malgrado il «faticosissimo lavoro di cesello» fatto dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, fino a qualche minuto prima di apprendere la clamorosa inversione d marcia di Matteo Renzi, la riforma della scuola non prevede alcun decreto. E per ora non ci sarà neppure il ddl. Qualche ora dopo che il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi ha confermato lo stop del provvedimento d’urgenza (una decisione che ha lasciato «basita» la Giannini), da Palazzo Chigi, in serata, è arrivata anche la seconda fumata nera. Nessun disegno di legge, ma solo l’illustrazione delle linee guida di un provvedimento che sarà varato in un successivo Consiglio dei ministri. Probabilmente martedì prossimo. La mossa a sorpresa di Renzi, ha evidentemente creato una serie di intoppi tecnici che non hanno ancora trovato soluzione.

Il nodo da sciogliere principale è quello delle assunzioni. «Non c’è alcun rischio che slittino», ha detto il premier al termine del Cdm, confermando che tutto sarà pronto per il prossimo primo settembre. Ma il come ancora non è chiaro, considerando che la macchina delle immissioni in ruolo è complessa e ha dei passaggi ineludibili. Per stabilizzare i docenti e costruire l’organico funzionale di ogni istituto occorrono mesi. Teoricamente, quindi, il tempo non basterebbe neanche se il Parlamento approvasse tutto entro l’estate.
Il sindacato Anief teme il peggio. «Niente colpi di mano da parte del governo», ha avvertito il presidente Marcello Pacifico, « le immissioni in ruolo vanno fatte subito, nel corso della prossima estate». Riuscirci, però, non sarà facile. Gli esperti di Palazzo Chigi sono al lavoro su diverse ipotesi per sbrogliare la matassa. Le esigenze da conciliare sono almeno tre: stabilire cosa fare per garantire il dibattito parlamentare, per non incappare in eventuali rilievi (anche del Quirinale, contrario a un abuso della decretazione) ma pure per non perdere la faccia con le migliaia di precari che fino a ieri speravano nell’immissione in ruolo. Così come aveva promesso più volte lo stesso Renzi.

Una soluzione, sollecitata dai sindacati e da alcuni esponenti politici dello stesso Pd, potrebbe essere quella di un decreto legge asciugato in modo da comprendere soltanto le assunzioni. Ma il premier non sembra così favorevole. «Quando facciamo da soli», ha detto, «siamo dittatorelli, mentre se coinvolgiamo il Parlamento siamo in ritardo». Ci sono le condizioni per legiferare in tempo sufficiente, ha proseguito, a meno che «l’ostruzionismo» non blocchi tutto. Non è apparsa completamente convinta la Giannini, secondo cui, invece, per la stabilizzazione dei precari «c’è priorità e c’è urgenza di uno strumento che consenta di ottenere questo risultato». E il veicolo, ha detto in conferenza stampa, «verrà deciso martedì». Poco dopo, però, intervistata da Ballarò, ha capitolato: «Sarà un ddl con delega al governo».
Quanto alla riforma, il ministro ha ribadito che si passerà «a un sistema di valutazione e di carriera degli insegnanti rivoluzionario, con il 70% degli scatti legati al merito». Sul piano fiscale, invece, si prevedono detrazioni per chi frequenta le scuola paritarie, il 5 per mille anche agli istituti e un credito d’imposta del 65% per chi investe su nuove strutture.
Sulla banda larga, infine, il governo ha definito gli obiettivi ambiziosi (30 megabit per tutti e 100 per almeno il 50% entro il 2020), ma ogni operatore potrà scegliere la tecnologia. Non necessariamente, dunque, servirà la fibra ottica. Telecom , con la sua rete in rame, ringrazia.

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