giovedì 25 settembre 2014

Gli scatti congelati ai pensionati sono costati fino a 2.650 euro l'anno

Migliaia di euro andati in fumo a causa della mancata indicizzazione e del fisco. Mentre i tecnici di Via XX Settembre ancora studiano il modo per togliere un po’ di soldi dalle tasche dei pensionati e a Palazzo Chigi qualcuno pensa di azzoppare definitivamente il secondo pilastro inserendo una parte del Tfr in busta paga, il Cupla (Comitato unitario pensionati lavoratori autonomi) ha affidato all’istituto di ricerca Cer il compito di fare due conti sulla previdenza italiana. I risultati sono impressionanti. Al di là del dato, pur inquietante, secondo cui il 44% dei pensionati vive in una condizione di semipovertà con assegni inferiori ai mille euro, quello che balza agli occhi è la progressiva erosione dei trattamenti previdenziali avvenuta negli ultimi anni.

Secondo il rapporto Cupla-Cer presentato ieri dal 1997 al 2013, a causa dei ripetuti interventi sull’indicizzazione degli assegni la perdita media annua del potere d’acquisto per una pensione pari a 4 volte il minimo (la minima è di 495 euro mensili) è stata di 134 euro, a cui corrisponde una decurtazione complessiva cumulata su 16 anni di poco più di due mila euro, per 6 volte il minimo la perdita media è di 702 euro e quella cumulata di circa 11mila euro. Mentre per le pensioni più ricche la perdita media è stata di 2.650 euro e quella cumulata di circa 42mila euro.
Passando al trattamento fiscale il rapporto segnala che il periodo 2007-2013 ha risentito in maniera sensibile della quasi assenza di meccanismi correttivi del fiscal drag, con un conseguente aumento del prelievo. Il risultato è che  il pensionato “single” con un assegno   di 2, 4 e 10 volte il minimo nel periodo ha pagato una maggiore imposta “ingiustificata” pari rispettivamente a 756, 1.143  e 2.216 euro. Per il pensionato “coniugato” le perdite stimate corrispondono a 1.044, 1.403 e 2.526 euro.
Considerando l’effetto combinato di tasse e indicizzazione il potere di acquisto nel 2013 è minore di oltre 2mila euro rispetto al 2003 nel caso delle pensioni pari a 10 volte il trattamento minimo. Per le pensioni medio-alte si ha una perdita cumulata di circa 1.700 euro. Per gli importi medio-bassi il taglio  a fine periodo è tra i 300 e i 500 euro.
Per evitare di scivolare nel baratro, Cupla chiede al governo di adeguare gradualmente i trattamenti minimi di pensione al 40% del reddito medio nazionale, cioè da 500 a 650 euro mensili, e di estendere gli 80 euro anche ai pensionati. Misure che dovranno necessariamente essere accompagnate ad una ridefinizione più efficace del meccanismo di indicizzazione.

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