venerdì 5 settembre 2014

Buttiamo soldi per avere alunni somari

L’infornata di circa 200mila nuovi docenti che costerà oltre 3 miliardi ai contribuenti italiani probabilmente servirà poco o niente al miglioramento dell’istruzione dei nostri figli. La dimostrazione dell’inefficacia, almeno sotto il profilo tecnico-finanziario, della mossa di Matteo Renzi per smorzare le insofferenze che agitano il mondo della scuola arriva dall’Efficiency Index, un rapporto commissionato da Gems Education solutions e realizzato da Peter Dolton, professore di Economia presso l’Università del Sussex e ricercatore senior presso il Centre for economic performance della London School of Economics, dal dottor Oscar Marcenaro Gutiérrez, professore associato presso l’Università di Malaga, e da Adam Still, specialista di Formazione, finanza e sviluppo presso Gems Education solutions.

Lo studio, la prima analisi internazionale che esamina l’efficienza con cui vengono allocati i budget per l’istruzione in ciascun Paese, cerca di individuare quali siano i sistemi educativi che generano il migliore rapporto tra la spesa per l’educazione e i risultati scolastici. Non, dunque, soltanto una classifica dei migliori studenti sfornati dalle scuole, ma una rilevazione dettagliata del rapporto tra il livello di preparazione degli alunni e i soldi spesi per raggiungere tale livello.
Il bilancio complessivo del nostro Paese, inutile dirlo, è deludente su tutti i fronti. La classifica dell’Indice di efficienza ci vede piazzati al 23esimo posto su 30 Paesi Ocse presi in considerazione. Con un percentuale del 69,81% l’Italia è sopra soltanto a Portogallo, Germania, Spagna, Grecia, Svizzera, Indonesia e Brasile. Due di questi Paesi, però, (Germania e Svizzera) sono in testa alla classifica dei risultati scolastici. In altre parole, spendono tanto, ma ottengono molto.

Per noi, invece, va male anche sul fronte della preparazione degli studenti. Andando a guardare la classifica PISA (Programme for International Student Assessment), l’indice internazionale promosso dall’Ocse con lo scopo di valutare l’istruzione degli adolescenti nei principali Paesi industrializzati, si scopre che l’Italia, sempre su 30 Stati, è al 20esimo posto. In altre parole, spendiamo troppo e male.
L’Indice di efficienza della Gems si concentra principalmente su due fattori, considerati i più significativi, al netto di molte variabili, per definire il rapporto tra risorse spese e risultati ottenuti: lo stipendio degli insegnanti e la dimensione delle classi. Il giochino non è semplice, come si potrebbe pensare. Esistono Paesi dove gli insegnanti sono strapagati, ma gli studenti restano ignoranti e, al contrario, sistemi scolastici con grandi classi dove il livello di preparazione è comunque ottimo. La strada che suggeriscono gli analisti è quella di un giusto equilibrio dei due fattori. Stipendi mediamente robusti e classi non eccessivamente numerose.

Il focus sull’Italia tratteggia un quadro dove entrambi gli obiettivi sono falliti. Sul fronte delle retribuzioni, l’asticella è troppo bassa. Gli insegnanti insegnano male anche perché sono sottopagati. Per raggiungere un livello di efficienza ottimale occorrerebbe un incremento delle retribuzioni del 10,5%. Per quanto riguarda le classi, l’Italia ha un rapporto di studenti per insegnanti di 10,8. Qui si tratta, invece, di tagliare. Per migliorare l’efficienza del sistema scolastico italiano le classi dovrebbero scendere del 24,4%, raggiungendo un livello di 8,2 alunni per docente. Gli esempi da cui «copiare» non mancano. Il campione assoluto si trova nel Nord Europa. Negli ultimi 15 anni il sistema educativo finlandese è stato infatti il più efficace in seno all’Ocse. Gli altri Paesi con elevate prestazioni sono la Corea, il Giappone, l’Ungheria e la Repubblica Ceca. Al contrario, nei Paesi mediterranei come Grecia, Spagna, Portogallo e Italia si sono rilevati i valori più bassi. Il rapporto tra efficienza e preparazione scolastica può incontrare qualche eccezioni, ma solitamente è solido. In generale, i Paesi che mostrano un’elevata efficienza riescono anche a raggiungere risultati educativi elevati. Cinque dei primi dieci Paesi dell’Indice di efficienza, infatti, sono anche tra i primi dieci dei risultati PISA.

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