mercoledì 10 settembre 2014

Demansionamento e salari giù. Ecco il piano per il lavoro

Matteo Renzi, a parole, vuole spaccare tutto. «Non abbiamo bisogno di discussioni ideologiche, ma di creare posti di lavoro e faremo di tutto perché questo avvenga riscrivendo tutti insieme nella delega lo statuto dei lavoratori, che ha bisogno di futuro e non solo di racconti del passato», ha detto qualche giorno fa il premier.

Nella realtà, però, le cose sono un po’ più complicate. E la rottamazione della vecchia legge del 1970 non sembra così a portata di mano. Perlomeno non riguardo all’articolo 18, su cui le resistenze interne dell’ala sinistra del Pd sono ancora fortissime.
L’opinione di Cesare Damiano, ex ministro del Pd e attuale presidente della commissione Lavoro alla Camera è chiarissima: «Cancellare l’articolo 18, è una richiesta di pura propaganda del centrodestra. Un governo che dovesse annunciare la libertà  di licenziamento come cura delle nostre malattie si candiderebbe al suicidio politico». Lo stesso Renzi ieri a Porta a Porta ha spiegato che non è l’articolo 18 a bloccare il lavoro: «Vorrei riscrivere lo statuto, non occuparmi di questioni ideologiche»

IL PRESSING DI NCD
Tutti i centristi della maggioranza, però, sono in pressing. A partire dall’Ncd. «La riforma dell’articolo 18 per noi resta un punto fondamentale», ha detto ieri Maurizio Sacconi, pure lui ex ministro e relatore del jobs act in commissione al Senato, «faremo una delega ampia di modifica dello statuto affinché si cambi tutto e non tutto tranne l'articolo 18». Il risultato è che l’iter parlamentare della delega sul lavoro è nelle secche. La riunione di maggioranza per stabilire una linea comune non è ancora stata fissata. E l’approdo in aula del provvedimento è stato prudentemente previsto per il 23 settembre, «ove siano conclusi i lavori della commissione», ha sottolineato il presidente di Palazzo Madama, Piero Grasso.
Una soluzione di compromesso che si sta facendo strada, con buona pace di Sacconi, è proprio quella di cambiare lo statuto, ma senza toccare l’articolo 18, il cui «superamento» verrebbe affidato all’introduzione del contratto a tutele crescenti, che prevede la sterilizzazione del reintegro per i primi 3 anni. Novità considerata insufficiente da Ncd, che accanto al contratto di ingresso vorrebbe anche la sostituzione per tutti dell’articolo 18 con un indennizzo per il lavoratore licenziato per giusta causa.
Al partito di Angelino Alfano verrebbero però concesse una serie di aperture, su cui si sta sondando la disponibilità del Pd, relative ad altri totem, seppure di minore impatto, dello statuto. L’idea sarebbe quella di abolire il divieto di demansionamento oggi previsto e di permettere forme di controllo della produttività dei dipendenti anche attraverso le nuove tencologie.

APERTURE DAL PD
La sinistra Pd vede le due proposte come fumo negli occhi. Ma nel partito di Renzi c’è chi è disposto a tendere la mano. Anche sul demansionamento, purché venga contenuta la decurtazione dello stipendio conseguente all’abbassamento di qualifica del dipendente.
La trattativa è aperta. Anche se l’esecutivo, per ora, punta i piedi. Di fronte al duello sulle modifiche Giuliano Poletti ha messo le mani avanti. «La posizione del governo e del ministro del Lavoro sul jobs act è scritta nella delega e per il momento non ci sono proposte di modifiche», ha detto ieri, aggiungendo che da Palazzo Chigi al momento non arriveranno emendamenti. da parte dell'esecutivo. La discussione è in corso, ha spiegato il ministro e «non ci sono le condizioni per fare cose diverse fino a che non matura una posizione condivisa».

LO STOP DI POLETTI
In altre parole, in mancanza di un accordo fa fede la legge delega. Il testo non lascia molto spazio alle interpretazioni. All’articolo 4, nella parte relativa ai contratti, si legge che il governo è delegato alla «redazione di un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali che possa anche prevedere la introduzione, eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori».
Non si tratterebbe dunque di riscrivere lo statuto dei lavoratori. Ma, più semplicemente, di «semplificare» le tipologie contrattuali esistenti e, eventualmente, di introdurre un nuovo contratto di ingresso a «tutele crescenti». Poletti ammette che, trovando l’intesa, lo spazio di manovra c’è. Ma i margini non sono ampi. «Sulle proposte di modifiche il governo non farà osservazioni», ha precisato il ministro, «purché non distorcano terribilmente la situazione di partenza». Poletti è comunque ottimista: «Penso che la delega possa rispettare i tempi e, quindi, essere approvata entro fine anno».
A rafforzare la posizione dei difensori dell’articolo 18, convinti che la flessibilità ci sia già, sono arrivati ieri i dati del ministero del Lavoro sulle assunzioni. L’effetto della riscrittura della riforma Fornero, com’era prevedibile, è ben visibile. Nel secondo trimestre del 2014 sono stati registrati 2.651.648 nuovi rapporti di lavoro dipendente e parasubordinato, 80.590 in più rispetto al 2013 (+3,1%). L’incremento dei contratti a tempo indeterminato è stato dell’1,4% e quello dei contratti a tempo determinato del 3,9%, mentre l’apprendistato, ridisegnato dal decreto Poletti, è balzato del 16%.

Accanto ai contratti il senato è al lavoro anche sulle altre parti della delega. Tra i punti principali c’è la riforma della Cig, che punta ad eliminare lo stato di disoccupazione come requisito per l’accesso ai servizi assistenziali e indica la necessità di accedere alla cassa integrazione «solo in caso di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro». In cantiere anche la nuova agenzia per l’impiego, che prevede l’istituzione di un organismo nazionale governativo che dovrebbe anche favorire il coinvolgimento attivo dei lavoratori disoccupati con incentivi per l’autoimpiego. Sulla semplificazione l’intento è di snellire le procedure a carico di cittadini e imprese, dimezzando il numero di atti amministrativi. Per le mamme, invece, si prevede che tutte le lavoratrici, indipendentemente dal contratto, abbiano diritto all’indennità di maternità. Prevista anche l’introduzione di una «tax credit» per le donne lavoratrici con figli minori.

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