«Un buffone sciovinista che disprezza gli italiani». Stavolta Rupert Murdoch ci è andato giù pesante. Un editoriale in prima pagina sul suo Times infarcito di insulti e giudizi durissimi all’indirizzo di Silvio Berlusconi. Da «anziano libertino» a «comportamento privo di dignità» fino alla «alla maschera del clown che cade» (questo il titolo dell’articolo) quando «vengono poste domande legittime su rapporti che toccano lo scandaloso». Il tutto per concludere «che l’aspetto più di cattivo gusto non è che egli sia un buffone sciovinista. Né che si accompagni con donne che hanno 50 anni meno di lui. La cosa più scioccante è l’assoluto disprezzo con cui tratta gli italiani». Parole violente, che non hanno però impressionato più di tanto il Cavaliere. «I collegamenti tra certi gruppi editoriali italiani e stranieri sono stretti e i giornali stranieri ripetono pedissequamente accuse che in Italia non hanno seguito», ha tagliato corto, «sono cose ispirate dalla sinistra». In effetti, quello di ieri non è il primo intervento a gamba tesa di Murdoch sulla vicenda Noemi. In particolare, tralasciando alcune gaffe dovute ad eccesso di zelo (il “Signore” cui dice di affidarsi la mamma di Noemi viene tradotto con “Berlusconi”), il quotidiano londinese era sceso in campo contro il premier, sempre con un editoriale, il 18 maggio. In quell’occasione l’articolo spiegava che «l’attacco di Berlusconi contro un giornale italiano è una campagna per intimidire il dissenso». Il giornale era ovviamente La Repubblica. E, al di là degli insulti sparpagliati qua e là, lo scritto del quotidiano aveva l’unico obiettivo di difendere le “dieci domande” di «un giornale che sta facendo un’opera di pubblico servizio per una popolazione malamente governata». Ma più che a un fedele alleato il quotidiano del Gruppo Espresso somiglia a un nemico del nemico. Un’occasione come un’altra, insomma, per affondare l’ennesimo colpo. Già, perché negli ultimi mesi, a partire dalla dura campagna di Sky contro l’aumento deciso dal governo dell’Iva dal 10 al 20% (che poi la tv satellitare ha scaricato sui clienti, mentre Mediaset se l’è accollato), il magnate australiano non ha davvero risparmiato gli attacchi, in quella che più che una guerriglia politica sembra uno scontro tutto economico sul mercato delle pay tv in Italia. Finché Mediaset si è occupata di tv in chiaro, infatti, i due sono andati d’amore e d’accordo. Del resto, Sky nasce anche da una costola (Tele+) dell’impero Fininvest, che la famiglia Berlusconi cedette nel 2003. «In Italia c’è pluralismo, la Rai è anti-berlusconiana come gran parte dei media», diceva allora il tycoon, che oltre al Times e a Sky ha giornali e tv in ogni angolo del mondo (con un fatturato di 28 mld di dollari, dieci volte più di Mediaset). Da quando però la pay tv di Segrate, nel 2005, ha acquistato i diritti del calcio per il digitale terrestre, Murdoch ha iniziato a storcere il naso. Negli ultimi tempi, poi, la concorrenza si è fatta più serrata, con il progetto di Mediaset di sbarcare sul satellite con una propria piattaforma. Il caso Fiorello, portato a Sky con una super offerta, dimostra che la guerra è senza esclusione di colpi. La vicenda Noemi ha semplicemente fornito allo “squalo” il terreno per sferrare quelli più bassi.
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