mercoledì 24 giugno 2009

L'Italia divisa in due da un binario

Altro che alta velocità. Ritardi fra le tre e le cinque ore, corse annullate, migliaia di passeggeri lasciati a piedi e disagi alla circolazione nazionale che, stando ai comunicati ufficiali delle Fs, dureranno fino alla tarda serata di oggi. Un cataclisma? Macché, a mandare in tilt tutto il sistema ferroviario italiano sono bastati pochi chilometri di binari ostruiti. Per l’esattezza quelli tra Prato e Vaiano dove la scorsa notte, alle 5.10, è deragliato un carro merci privato, fortunatamente senza alcun ferito. Il caso ha voluto che il convoglio, che ha anche urtato un intercity, trasportasse una cisterna di acido fluoridrico, il che ha reso più complicate le operazioni di soccorso e sgombero.
A senso unico
Ma questo c’entra poco. Per rendersi veramente conto di quello che è capitato ieri basta prendere una cartina dell’Italia con i collegamenti ferroviari. Si scopre così che mentre il governo e le Fs si pavoneggiano con il nuovo Frecciarossa, che corre come un fulmine e annulla le distanze, il nostro Paese è ancora esattamente spaccato a metà dalla Firenze-Bologna. In altre parole, o si passa di lì o è meglio mettersi l’anima in pace.Il problema nel problema è poi che la cosiddetta Direttissima che scavalca l’Appennino non è molto diversa da quella, allora all’avanguardia, che fu inaugurata nel 1934. Sta di fatto che per diverse ore i treni non sono transitati affatto, poi sono stati fatti marciare a passo di lumaca e infine alla velocità di 30 chilometri orari dopo il ripristino di uno dei due binari disponibili. Mentre su quel tratto si dovrà procedere a senso unico alternato, tutti i treni (compresi quelli ad alta velocità) che dal Nord vanno al Sud e viceversa sono stati dirottati su altre linee. Con circumnavigazioni folli attraverso Ancona, sul versante adriatico, e Genova, su quello tirrenico. Una situazione simile si era verificata il 6 giugno scorso, in seguito ad un incidente nella galleria Val di Sambro, sempre nel Pratese. Dalle Fs si sono affrettati a dire che tutto cambierà. E presto. Dal dicembre 2009 dovrebbe infatti aprire definitivamente i battenti la linea ad alta velocità tra Bologna e Firenze, che oltre a ridurre i tempi di percorrenza raddoppierà anche il numero di binari su quella che è la principale dorsale italiana.
La velocità non basta
Nessuno ha motivo per dubitarne. Lo scorso marzo si è già svolto un viaggio inaugurale e i tecnici stanno ultimando i collaudi. Ma siamo sicuri che basterà correre di più per evitare disastri come quelli di ieri? L’alta velocità è sicuramente un tassello fondamentale per la modernizzazione del Paese e per uno sviluppo infrastrutturale di cui le imprese e l’economia non possono più fare a meno. Spostare merci e uomini più velocemente è inoltre indispensabile per colmare un gap di competitività che ancora ci divide da molti Paesi europei.
Basti pensare che in Francia sono attualmente in esercizio 1.893 km di rete ad alta velocità, in Spagna 1.594 e in Germania 1.285. Da noi sono attualmente 562 a cui si dovrebbero presto aggiungere altri 314 km. Molto ci sarebbe da dire sui costi, a volte triplicati (la Bologna-Firenze, ad esempio, è salita dai 1.053 milioni dell’ottobre 1991 ai 4.189 milioni del luglio 2007) rispetto a quelli iniziali e comunque enormemente più alti in confronto a quelli riscontrati nei principali Paesi della Ue. Ma da noi, si dice, c’è una particolarissima conformazione del territorio che ha imposto interventi più onerosi. E comunque il successo che sta ottenendo l’alta velocità sulla Roma-Milano, che in pochi mesi ha ribaltato i rapporti di forza con l’aereo in termini di quote di mercato, e i discreti risultati di bilancio ottenuti nel 2008 dalle Ferrovie dello Stato, fanno ben sperare sulla possibilità di ammortizzare gli investimenti senza eccessivi traumi.
Monobinario
La realtà è che l’alta velocità è solo una parte del problema, che riguarda principalmente una rete vecchia e obsoleta di cui il governo e la Rfi (la società delle Ferrovie che gestisce i binari) si dovranno necessariamente occupare. Forse non tutti sanno, ad esempio, che degli oltre 16.529 km di rete disseminati sul territorio nazionale ben 9.223 (il 57%) sono a binario unico. In Sardegna e Valle d’Aosta poi si va ancora a diesel. E lo stesso accade su 4.802 km di rotaie, che non sono elettrificati. Vista la situazione, che la sbandata di un vagone riesca a paralizzare l’Italia per un paio di giorni non stupisce più di tanto. Poteva andare peggio.

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