venerdì 19 giugno 2009

Marcegaglia non molla: «Riforme ora o mai più»

Niente riforme, niente ripresa. E’ diventato un tormentone quello di Emma Marcegaglia. Ma finché non arriveranno risposte concrete, la sensazione è che la presidente di Confindustria non smetterà di ripetere il suo allarme. Così come del resto non lo faranno il presidente di Bankitalia, Mario Draghi, e il presidente del Senato, Renato Schifani, l’ultimo in ordine di tempo ad aggiungersi alla truppa dei “pungolatori”. A fornire l’occasione sono i dati del Centro studi di Confindustria presentati ieri nel corso di un seminario sull’economia italiana. Dati che lasciano intravedere un barlume di speranza per il 2010, con un Pil che dovrebbe iniziare a risalire con un +0,7% rispetto al -4,9 dell’anno in corso. Ma è troppo presto per tirare il fiato. «La congiuntura che abbiamo davanti», spiega la presidente, «ci mostra segnali di miglioramento. Ma l’emergenza non è finita. veniamo da anni pesanti e quello 0,7% ci dà sollievo ma continua a lasciarci con un gap di crescita molto pesante e molto forte». L’analisi della Marcegaglia ricorda assai da vicino la posizione espressa qualche giorno fa da Draghi, che ha invitato i governo a rimboccarsi le maniche e a lavorare con serietà sulle exit strategy, perché altrimenti l’economia potrà ripartire, ma dalla crisi non se ne esce. I numeri italiani, del resto, descrivono un Paese zavorrato, che per tornare a correre avrà bisogno di ben altro che uno zero virgola di pil. Basti pensare alla disoccupazione, che secondo il Csc si attesterà all’8,6% (rispetto al 6,7 del 2008) nel 2009 per poi balzare al 9,3 nel 2010. Con la conseguenza di un milione di persone in Cig o senza lavoro. Ma a spaventare è soprattutto il debito pubblico che passerà dal 105,7% del Pil del 22008 al 114,7 fino al 117,5% nel 2010. Così come il rapporto deficit/pil, che resterà ben al di sopra dei parametri di Maastricht anche nel 2010 (4,7%). Per questo, spiegano gli economisti di Viale dell’Astronomia, è «indispensabile migliorare l’ambiente competitivo». E per questo, insiste la Marcegaglia, servono le riforme. Altrimenti, «ci metteremo 5 anni almeno per tornare ai livelli di crescita precedenti al 2007».
L’agenda delle priorità è stranota: sburocratizzazione della Pa, infrastrutture, liberalizzazioni, istruzione. Ma stavolta la Marcegaglia snocciola anche i numeri. La riforma dell’istruzione farebbe guadagnare al Pil nei prossimi vent’anni un 13%. Le liberalizzazione l’11%, mentre la lotta alla burocrazia lo farebbe aumentare del 4% ed il potenziamento delle infrastrutture del 2%. Complessivamente, si tratterebbe di far crescere il Pil del 30%. Tutto sta, dice la Marcegaglia, «nel trovare il coraggio». E bisogna trovarlo subito. Perché quando staremo un po’ meglio, avverte, «torneranno a farsi sentire le solite lobby affinché queste cose non siano fatte».

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