I pensionati e gli autonomi resteranno a bocca asciutta. È questa la notizia arrivata ieri da Matteo Renzi, che dopo aver invitato gli italiani «ad andare tranquillamente in vacanza» (l’ultimo che doveva “stare sereno” è stato buttato fuori da Palazzo Chigi) perché «il Paese ha le condizioni per ripartire in maniera straordinaria» si è tranquillamente rimangiato la promessa di allargare la platea del bonus Irpef alle categorie ora escluse.
«Dal 2015 i pensionati saranno dentro la stessa misura prevista nel decreto 80 euro», aveva assicurato il premier lo scorso 23 maggio durante una trasmissione della Rai, ribadendo un concetto già espresso altre volte. Eppure, adesso, malgrado il ritrovato ottimsimo, sembra che i soldi non ci siano più. «Non sono in grado di garantire l’estensione del bonus, ci proveremo», ha confessato ieri in conferenza stampa, lasciando di stucco i giornalisti e facendo di nuovo intravedere quelle incertezze sui conti pubblici che già nei giorni scorsi, con le ammissioni sulla crescita che non c’è, avevano fatto capolino.
Il premier continua ad ostentare sicurezza. «Le cose si stanno rimettendo in carreggiata», ha spiegato, «e quindi non c’è nessuna stangata in arrivo, anche perché la manovra fatta a marzo è stata per togliere tasse, non per metterle». Ma la sensazione è che le difficoltà parlamentari nel fare andare avanti le riforme e l’avvicinarsi dell’autunno, con il rischio che le stime del Def siano pesantemente smentite dalla congiuntura, stiano iniziando ad ingolfare il motore del premier.
«L’economia rallenta, viaggia ad un livello inferiore a quello delle stime che indicavano uno 0,8%. Bisognerà attendere mercoledì (quando arriveranno i dati Istat sul secondo trimestre, ndr)», ha spiegato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. «Gli Usa hanno registrato la crescita del 4% nel secondo trimestre», ha poi aggiunto Renzi allargando le braccia, « per noi che sia lo zero o lo zero virgola sei dovremo comunque impegnarci tutti».
Ma segnali di difficoltà arrivano anche da altri fronti. Secondo fonti di Palazzo Chigi, ad esempio, negli ambienti di governo starebbe circolando l’ipotesi, clamorosa rispetto alle ambizioni del cronoprogramma, di far decadere il decreto competitività.
Il testo ha concluso ieri l’esame nelle commissioni della Camera e passerà da lunedì all’esame dell’aula. Ma c’è chi fa notare che i tempi stanno diventando troppo stretti per un altro passaggio al Senato (la scadenza è per il 23 agosto) e che la mancata conversione potrebbe anche non essere un danno considerato che i passaggi parlamentari hanno riempito il provvedimento di contenuti troppo eterogenei.
In rampa di lancio, invece, lo sblocca Italia, un progetto in 10 punti che il governo mette a disposizione del dibattito pubblico e che sarà approvato con un decreto e un ddl nel Consiglio dei ministri in programma per fine agosto.
Il piatto forte è sicuramente l’intervento sui cantieri. Si tratterebbe di sbloccare 14 grandi opere ferme e già finanziate, con un impatto di 30 miliardi (il 57% da risorse private) e fino a 95mila nuovi posti di lavoro. Altro capitolo importante è quello dell’edilizia. Sarà stabilizzato l’ecobonus e arrivano sgravi fiscali per chi acquista case e le affitta a contratto concordato. Sulla burocrazia sono previsti interventi di defiscalizzazione, project bond, bancabilità dei progetti e parternariato pubblico privato che valgono 6 miliardi.
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