venerdì 22 agosto 2014

Lo Stato fa la cresta sulle tasse a rate

Sembra di essere in un grande magazzino e invece sei allo sportello del fisco. Dodici, 24 o 36 rate. Per i più temerari si può arrivare anche a 120, dieci anni tondi tondi. E il grande boom del pagamento dilazionato, la trovata del fisco amico che tende la mano al contribuente e ti offre la possibilità di spalmare il tuo debito in centinaia di comode rate mensili.

La novità, in voga da qualche anno, si è amplificata a dismisura con la crisi. Un paio di giorni fa Equitalia ha diffuso i dati relativi a luglio, che hanno registrato un record di 156mila richieste, con una media settimanale pari a circa il doppio di quella dei primi sei mesi dell’anno. La mole di debiti fiscali rateizzati è impressionante si parla di 2,4 milioni di pratiche aperte per un controvalore di 26,6 miliardi di euro. La procedura sarebbe stata chiesta da oltre 1,8 milioni di contribuenti.
Numeri che sembrano destinati a crescere. Anche perché lo Stato, capita l’antifona, sta cercando di cavalcare l’onda con ogni mezzo possibile. La giostra è partita con il decreto del Fare la scorsa estate. Nel novembre del 2013 il decreto attuativo firmato dall’ex ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha reso operativa la rateizzazione extra large fino a 120 rate, che resta condizionata ad una grave e comprovata difficoltà economica. Per tutti gli altri c’è il piano di ammortamento ordinario, che può arrivare fino a 72 rate, 6 anni. Per entrambi Equitalia ha approntato nei giorni scorsi un bel vademecum per spiegare nel dettaglio come accedere al beneficio. Per i debiti sopra i 50mila euro serve una sorta di istruttoria degli uffici della riscossione, che devono accertare lo stato di difficoltà economica. Per gli importi minori, invece, il governo è riuscito, forse l’unico caso di tutta la Pa, a semplificare fino all’osso la procedura. Basta compilare un modulo disponibile sul sito internet www.gruppoequitalia.it e rimandarlo indietro, a mano oppure con raccomandata con ricevuta di ritorno.

E per il 2015 è in arrivo la grande rivoluzione: la cartella esattoriale rateizzata precompilata. Niente più cifre brutali sparate nero su bianco in mezzo alla pagina. In evidenza ci sarà una piccola, innocua e rassicurante rata di qualche centinaio di euro. A quel punto, resistere alla tentazione sarà quasi impossibile. Anche per chi, magari, i soldi da versare li ha tutti e subito.
Possibile che il fisco abbia così a cuore gli interessi dei cittadini dopo anni di vessazioni e strapazzamenti? In realtà, proprio come accade nel grande magazzino, la rata conviene principalmente a chi incassa. E se negli acquisti ci guadagnano in due, il commerciante e la finanziaria, qui a vincere è sempre lo Stato: da una parte si garantisce, seppure dilazionate, entrate che difficilmente potrebbe ottenere a colpi di pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi, dall’altra, ed ecco il bello, ottiene molto più del dovuto.
Già, perché le rate altro non sono che un prestito su cui lo Stato, come una banca qualsiasi, applica i suoi bravi interessi. E le percentuali non sono, come si potrebbe pensare, così insignificanti. Sulla scadenza ordinaria più lunga (72 rate) alla fine del pagamento il contribuente si trova ad aver sborsato una somma maggiorata del 14,3%. Il che, per un debito di 10mila euro, significa «solo» 1.429 euro in più, ma per una cartella di 50mila euro il regalo allo Stato per il disturbo ammonta addirittura a 7.146 euro aggiuntivi.
Alla faccia del vademecum e del fisco amico, la rateizzazione sbandierata da Equitalia per salvare il contribuente altro non è che l’ennesimo modo per spremerlo. Anche sulle scadenze inferiori non si scherza. Per i 48 mesi l’importo complessivo cresce del 9,45%, mentre per i 36 mesi l’interesse del fisco è del 7%. Percentuale che scende al 4,75% se il contribuente estingue il debito in 24 rate.Sarà un caso, ma sul totale delle richieste le imprese sono solo il 23%. Se uno riesce a spuntare un tasso del 5-6% in banca, infatti, è più conveniente saldare tutto in un colpo. Per lo Stato, invece, il business è assicurato. Calcolando un tasso medio del 7% (ma è sicuramente più alto), dai 26,6 miliardi di rate l’erario incasserà circa 1,9 miliardi in più.

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