mercoledì 6 luglio 2016

Superprelievo sulle pensioni. La Consulta legalizza la rapina

Circostanze eccezionali dovute alla crisi economica, rispetto del principio della progressività e natura non tributaria del prelievo. Queste le motivazioni con cui la Corte Costituzionale, questa volta, ha deciso che il contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, nella versione riproposta dal governo Letta alla fine del 2013, non viola la Carta fondamentale.

Il verdetto, per nulla scontato considerate le precedenti bocciature delle sforbiciate agli assegni varate dai governi Berlusconi e Monti, è arrivato dopo una lunga udienza che ha tenuto pensionati ed esponenti di governo col fiato sospeso. In ballo c’era non tanto la stabilità dei conti pubblici, visto che la norma pesa complessivamente per circa 150 milioni sul bilancio, quanto il principio che, in caso di necessità e con i dovuti accorgimenti, lo Stato possa mettere le mani nelle tasche dei lavoratori in quiescenza.

L’eventualità si era scontrata contro il muro della suprema Corte nel 2013, con la sentenza 116 firmata dall’ex presidente Giuseppe Tesauro, che aveva annullato il contributo, di carattere strutturale, introdotto nel 2011. Ieri, però, la Consulta ha cambiato direzione, sostenendo che la temporaneità del provvedimento e la situazione economica (evidentemente ritenuta peggiore di quella, drammatica, tra il 2012 e il 2013) rendono legittima una misura che solo qualche anno prima era incostituzionale. Nel respingere i sei ricorsi (di varie sezioni regionali della Corte dei Conti), la Corte ha spiegato che il balzello triennale (2014-2016) imposto dall’ex premier Enrico Letta sulle pensioni più alte (dal 6 al 18% per le pensioni a partire da 91mila euro lordi annui) per finanziare gli esodati è «interno al circuito previdenziale», quindi non ha natura tributaria, ed è «giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema».

I giudici hanno anche ritenuto che «tale contributo rispetti il principio di progressività e, pur comportando innegabilmente un sacrificio sui pensionati colpiti, sia comunque sostenibile in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate, da 14 a oltre 30 volte superiori alle pensioni minime». Una tesi che limita lo spazio di manovra della politica, che evidentemente non potrà prorogare la misura tale e quale dopo il 31 dicembre, ma apre di fatto la strada a possibili interventi sulle pensioni. Come quelli da tempo sostenuti dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel nome di una maggiore equità. Non a caso i legali dell’Istituto e quelli della presidenza del Consiglio hanno sottolineato la necessità di «valutare la misura nell’ottica complessiva del sistema previdenziale e di una solidarietà intergenerazionale».
Nell’immediato la sentenza della Corte non cambierà nulla per i pensionati già sottoposti al prelievo. Fino alla fine dell’anno l’Inps continuerà ad effettuare la ritenuta del 6% per la parte dell’assegno eccedente i 91.343 euro (14 volte il trattamento minimo) e fino ai 130.491 euro (20 volte), del 12% per gli importi fino a 195.737 euro (30 volte) e del 18% oltre tale cifra.

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