Tra bollette, scuola e trasporti il salasso è servito pure quest’anno. Qualcuno, sulla scorta del blocco alle tasse locali imposto dal governo nella manovra di fine anno, si era probabilmente illuso di riuscire ad arrivare alla fine del mese con qualche quattrino di più in tasca. Ma se le imposte, e neanche tutte, sono rimaste ferme, le tariffe invece hanno continuato a correre, prosciugando come sempre i portafogli.
A livello nazionale il dato in controtendenza è quello relativo al canone Rai, sceso dai vecchi 113,5 euro agli attuali 100, con un calo dell’11,9%. Anche tralasciando il fatto che il balzello per la tv di Stato è sostanzialmente un’imposta e che quest’anno col nuovo metodo di riscossione molti pagheranno doppio, la sforbiciata introdotta dal governo non è bastata a compensare gli aumenti complessivi, con le tariffe locali che hanno messo a segno una crescita dell’1,2%.
Tra gli aumenti più significativi registrati dall’Ufficio economico di Confesercenti c’è quello della bolletta dell’acqua, balzata quest’anno del 3,4%. Un dato comunque migliore del +8,5% messo a segno nel 2015. In forte accelerazione, invece, gli asili nido. Dopo la tregua del 2015 (+0,7%), i costi per le famiglie italiane nel 2016 sono tornati ad aumentari, con una crescita del 3,1%. L’incremento dal 2012 è stato del 9,7%, più del doppio dell’inflazione. In rialzo anche l’istruzione secondaria e universitaria (+1,5%), i trasporti ferroviari regionali (+1,2%) e i rifiuti solidi urbani (+0,7%). Anche in quest’ultimo caso sarebbe più corretto parlare di tributo, l’unico sfuggito al congelamento previsto dal governo a causa dei nuovi vincoli che prevedono l’obbligo per i comuni di coprire tutti i costi della raccolta con l’imposizione fiscale.
Un po’ di ossigeno, sul fronte nazionale, è arrivato dalle tariffe energetiche, scese del 6,7% in linea con il calo delle quotazioni di petrolio e gas naturale. Non è chiaro, però, se le rilevazioni di Confesercenti incorporino gli aumenti scattati solo qualche giorno fa, il primo luglio, del 4,3% per l’elettricità e dell’1,9% per il gas. Incrementi che l’Autorità per l’Eenergia ha motivato anche con «strategie anomale adottate da diversi operatori sul mercato all ’ingrosso che hanno portato ad un rilevante aggravio di costi per il sistema e ad una alterazione del normale meccanismo di formazione dei prezzi nei mercati». Una vicenda che ha provocato la discesa in campo delle associazioni dei consumatori, con il Codacons che dopo aver presentato esposti in 104 procure d’Italia ha anche annunciato una mega class action per chiedere al Tar del Lazio di bloccare i rincari.
Al netto dell’energia, comunque, le tariffe a controllo nazionale segnano un calo dello 0,6%. In rallentamento ci sono proncipalmente i trasporti ferroviari nazionali, giù del 3,1%, e, in misura minore, i medicinali (-0,7%). Categoria che include anche i farmaci di fascia C con obbligo di prescrizione medica.
Ma sono soprattutto le dinamiche a livello territoriale a preoccupare l’associazione dei commercianti. «Anche sul piano delle tariffe», ha spiegato Mauro Bussoni, segretario Generale Confesercenti, «si inizia a registrare l’andamento contradditorio spesso rilevato nel fisco: tagli a livello nazionale ed aumenti locali. Il timore è che, con il congelamento delle tasse locali giustamente deciso dal governo, il fenomeno possa peggiorare».
Le tariffe, ha infatti proseguito, «sono una delle poche leve economiche rimaste alle amministrazioni locali, in cronica mancanza di fondi a causa dei tagli dei trasferimenti centrali». E gli esercenti ora temono che nel corso dell’anno si verifichino forti aumenti relativi al servizio raccolta smaltimento rifiuti, soprattutto per le imprese turistiche e commerciali urbane. Del resto, come dicevamo, la Tari è l’unico balzello comunale sfuggito al blocco della legge di stabilità. Ma ulteriori rincari potrebbero rivelarsi fatali per le imprese. In media, hanno spiegato da Confesercenti, un ristorante nel 2015 ha già pagato 2.750 euro l’anno e un albergo oltre 5.600. Andare oltre sarebbe difficilmente sostenibile.
La storia recente del nostro Paese, purtroppo, non concede molto spazio all’ottimismo. Secondo i calcoli effettuati qualche mese fa dalla Cgia di Mestre negli ultimi dieci anni a fronte di un’inflazione cresciuta del 20,5%, l’acqua è aumentata del 79,5%, i rifiuti del 70,8%, l’energia elettrica del 48,2%, i pedaggi autostradali del 46,5% i trasporti ferroviari del 46,3%, il gas del 42,9%, i trasporti urbani del 41,6% e i servizi postali del 27,9%.
L’unica, magra, consolazione riguarda i telefoni. Chiamare con i cellulari o con gli apparecchi fissi è l’unico servizio che si paga sempre meno con il passare del tempo, con un decremento nei dieci anni del 15,8%.
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