domenica 12 luglio 2015

Berlino non si fida: "Grexit per 5 anni"

Un «time out» dall’euro di cinque anni per ristrutturare il debito. Nel frattempo la Grecia resterebbe nell’Unione europea e riceverebbe assistenza unamitaria e supporto per sostenere l’economia. In alternativa, oltre al miglioramento delle proposte e al rapido varo delle riforme, Atene dovrebbe creare un fondo fiduciario di 50 miliardi di euro in cui trasferire beni da privatizzare a garanzia del debito. Sono queste le due proposte esplosive piombate nel bel mezzo di un Eurogruppo rovente, dove il cauto ottimismo delle ore precedenti ha lasciato il posto a preoccupazione e scetticismo. Artefice del piano, secondo le indiscrezioni del Frankfurter Allgemeine Zeitung che cita un documento ufficiale del governo tedesco inviato ai Paesi dell’euro, sarebbe il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble.

Da Bruxelles, per evitare il peggio, hanno subito fatto trapelare una presa di distanze dal progetto. L’ipotesi, hanno riferito alcune fonti, «è legalmente infattibile». «Nessuno ha parlato di Grexit», hanno fatto sapere da Atene. Ma la tensione al vertice dei ministri delle Finanze Ue che sta valutando la richiesta greca già passata al vaglio da Bce, Fmi e Commissione è rimasta altissima. Lo stesso Schaeuble ha spiegato che «mancano i presupposti per un nuovo programma di aiuti triennale». A sintetizzare il clima ci ha pensato Jeroen Dijsselbloem. «Ancora non ci siamo», ha detto il presidente dell’Eurogruppo, «Ci sono molte critiche alle proposte greche sulla sostanza e un grosso problema di fiducia». E sulla fiducia, oltre ovviamente a Scheaeuble («il governo di Atene ha fatto di tutto per minare la fiducia»), hanno insistito tutti i falchi dell’Eurogruppo, dalla Finlandia all’Olanda, fino alla Slovacchia, all’Estonia e alla Lettonia. Anche il nostro ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha ammesso che «il cammino non sarà facile». Del resto, come ha spiegato Dijsselbloem, «i greci stanno proponendo qualcosa che una settimana fa era stata rigettata al referendum».

Una cosa, per ora, è sicura. Se alla fine si riuscirà ad arrivare ad un accordo le condizioni per la Grecia saranno durissime. Tra i punti su cui si è innalzato il muro di Berlino, ma anche molte resistende tra gli altri membri dell’Eurogruppo, c’è il riscadenzamento del debito, che la Grecia vorrebbe addirittura raddoppiare portandolo da 30 a 60 anni.
Al di là delle questioni tecniche, comunque, appare chiaro che ormai la questione è diventata politica. Ed è per questo che i ministri dell’Eurogruppo, che avrebbero dovuto dare un primo via libera al piano, hanno invece lasciato la palla al summit di oggi dei capi di Stato e di governo. A questo punto, però, considerate le difficoltà, anche la scadenza di oggi, con tutto quello che ne conseguirà sulla tenuta interna della Grecia, potrebbe slittare. «Si tratta», ha detto Padoan, «di avviare un negoziato».

Ma anche se l’eurosummit dovesse trovare la quadra, i tempi per il salvataggio non saranno comunque strettissimi, considerato che Bruxelles ha promesso di non sborsare un quattrino fino a che non sarà completato tutto il percorso. E la strada è lunga. Servirà un ulteriore passaggio all’Eurogruppo, se tutto va bene domani, e poi dovranno partire le approvazioni dei sei Parlamenti nazionali che si devono esprimere ogni volta che il governo decide su voci di spesa: Germania, Finlandia, Olanda, Slovacchia, Austria ed Estonia. Nel frattempo la ex troika, cioè Bce, Ue ed Fmi, dovrà stabilire insieme alla Grecia i dettagli di un nuovo memorandum. L’obiettivo sarebbe quello di chiudere tutto entro il 20 luglio, giorno in cui scade il prstito da 3,5 miliardi alla Banca centrale europea. Ma nel frattempo andranno in scadenza numerosi altri debiti, che renderanno ad Atene sempre più complicato raggiungere incolume il traguardo.

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