domenica 15 febbraio 2015

Tre procure setacciano la banca di papà Boschi per cercare carte false

Tre procure e tre filoni di indagine. La Banca popolare dell’Etruria e del Lazio è praticamente sotto assedio. Con buona pace del ministro Maria Elena Boschi, che cerca di minimizzare la bufera, l’istituto aretino si trova sempre più al centro dell’offensiva giudiziaria che ha travolto le popolari quotate. Per quanto riguarda l’inchiesta principale, e cioè il fascicolo aperto dalla procura di Roma in seguito alle denunce in Parlamento della Consob sugli andamenti di Borsa legati all’annuncio della riforma da parte del governo, gli sviluppi vedono una duplicazione sia degli uffici giudizari coinvolti sia delle ipotesi di reato. Ancora non c’è alcuna indagine formale, ma la procura di Milano,

Competente  per gli illeciti che riguardano Piazza Affari, è in costante collegamento con i pm romani Giuseppe Pignatone e Nello Rossi. Se dagli accertamenti in corso di Piazzale Clodio, a cui stanno lavorando Consob e Gdf, dovessero emergere fatti rilevanti, la task force guidata da Francesco Greco è pronta ad aprire un fascicolo parallello. Gli inquirenti, fanno sapere fonti vicine al Palazzo di giustizia milanese, stanno «valutando la situazione».
Anche i possibili reati, però, aumentano. Oltre alle ipotesi iniziali di insider trading (rivelazione di notizie riservate) o aggiotaggio (manipolazione del mercato azionario), i magistrati stanno indagando anche sulle eventualità di ostacolo alla vigilanza e false comunicazioni sociali. In tutte le fattispecie previste Banca Etruria è nell’occhio del ciclone.

Da una parte c’è l’andamento di Borsa, con le azioni della popolare che vede Pierluigi Boschi alla vicepresidenza che nel periodo incriminato hanno subito il balzo più clamoroso di tutto il settore coinvolto dalla riforma. Dalle prime indiscrezioni del 3 gennaio il titolo, ora sospeso a tempo indeterminato a Piazza Affari, ha guadagnato circa il 57%, a fronte di un 8% complessivo dei bancari. Passando dal minimo storico di 0,36 euro agli 0,58 su cui si è congelata la chiusura di giovedì, giorno del commissariamento della Banca d’Italia. In termini di capitalizzazione la banca è passata da 79 milioni del 16 gennaio (data del primo annuncio del governo) a circa 127 milioni di euro.
Dall’altra c’è la questione della mancata trasparenza, che riguarda tutte le popolari quotate, ma che sembrerebbe puntare principalmente su Banca Etruria. Gli inquirenti avrebbero infatti già chiesto a Bankitalia l’acquisizione di tutta la documentazione relativa al commissariamento dell’istituto per valutare se ci siano state operazioni occulte ricollegabili alle recenti oscillazioni azionarie. E qui le indagini potrebbero incrociarsi con quelle condotte dalla procura di Arezzo sul vecchio cda. L’inchiesta per mala gestio, che dovrebbe essere alle battute finali, parte dall’ispezione della Banca centrale alla fine del 2013 e per ora vede iscritti nel registro degli indagati per falso in bilancio gli ex amministratori e dirigenti Giuseppe Fornasari, Luca Bronchi e David Canestri. L’attività di vigilanza di Palazzo Koch, però, è quella che ha portato alle sanzioni da 2,5 milioni di euro complessivi comminate lo scorso settembre. E tra i 18 «puniti» non c’erano solo i vecchi amministratori, ma anche alcuni confermati dall’assemblea lo scorso maggio e attualmente in carica come Alfredo Berni, Andrea Orlandi, Luciano Nataloni e il papà della Boschi, Pierluigi, all’epoca membro del cda.

Non è escluso, quindi, che per la famiglia del ministro la situazione possa complicarsi ulteriormente. Per ora, comunque, fonti vicine ai magistrati di Arezzo fanno sapere che non ancora c’è stato alcun contatto tra i pmi e i commissari di Bankitalia Riccardo Sora e Antonio Pironti. Quest’ultimi stanno nel frattempo lavorando al risanamento della banca, con un occhio anche a possibili profili di responsabilità dell’attuale management. Ripulire i conti e accertare eventuali episodi di malagestione per rendere di nuovo l’istituto disponibile per una fusione: questo l’obiettivo dei commissari, che tra i primi nodi da sciogliere si occuperanno anche del piano di tagli su cui solo una settimana fa era stato raggiunto l’accordo coi sindacati. L’incontro con le sigle per discutere della chiusura di 30 filiali e di circa 250 esuberi e previsto per mercoledì.

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