venerdì 6 agosto 2010

In Italia le tasse più basse sugli affitti

Per una volta l’Italia può indossare la maglia rosa. Intendiamoci, i testi sono ancora da limare e il Parlamento deve ancora esprimersi. Ma stando a quanto scritto nella bozza del quarto decreto sul federalismo e a quanto promesso dal ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, con la cedolare secca la tassazione sui redditi da affitti nel nostro Paese sarà la più bassa d’Europa. Il confronto è molto facile con chi applica già l’imposta sostitutiva. Si tratta di Ungheria, Finlandia e Olanda, che hanno aliquote fisse rispettivamente al 25, 28 e 30%. Ma la quota del 20% prevista dalla riforma varata mercoledì da Palazzo Chigi, secondo un dettagliato confronto realizzato dal franchising immobiliare Solo Affitti, permette all’Italia di piazzarsi al di sotto anche dei Paesi che applicano la tassazione attualmente in vigore da noi, ovvero l’accorpamento dei redditi da affitto a quelli personali su cui poi viene complessivamente calcolata l’Irpef. Un metodo che fino ad ora, grazie alle nostre aliquote ordinarie non proprio basse, posiziona l’Italia tra i Paesi europei dove i redditi di affitto sono i più tartassati.
Se tutto va bene, dal 2011 si cambia. E i vantaggi saranno per tutti. Compreso il fisco, che dopo una prima inevitabile fase di assestamento, grazie all’emersione del nero, vedrà il gettito crescere in maniera consistente malgrado l’abbassamento dell’aliquota.
I primi effetti visibili e concreti saranno però quelli nelle tasche di proprietari ed inquilini. Per i primi i risparmi di imposta saranno direttamente proporzionali all’aumento del livello del reddito. Per i secondi, lo sconto sarà più contenuto ma comunque importante. La cedolare secca, infatti, abolisce l’imposta di registro a carico di chi sottoscrive un contratto di locazione, che incide per il 2% sul canone annuale.
La Cgia di Mestre ha fatto un po’ di conti e ha verificato, attraverso una serie di simulazioni, che i risparmi possono arrivare fino al 48,6% rispetto ai tributi versati attualmente. Numeri alla mano, per la classe di reddito tra i 29.000 e i 55.000 euro, che presenta il più elevato numero di persone che danno in affitto un’abitazione (545.103 soggetti) il canone di locazione medio annuo percepito è di 5.413 euro. Con la tassazione attuale il proprietario versa al fisco 1.875 euro (1.821 euro di imposte Irpef e addizionali regionali e comunali, 54 euro di imposta di registro). L’applicazione della cedolare secca con aliquota al 20%, permetterà al locatore di pagare solo 1.083 euro, con un risparmio netto di 793 euro all’anno di imposte. «Visto che la decisione di utilizzare questo nuovo regime fiscale sugli affitti sarà facoltativa», dice il presidente della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «grazie ai risultati d queste prime simulazioni mi sento di poter dire che il livello di applicazione dovrebbe essere molto alto».
Un pizzico di scetticismo in più c’è dalle parti di Confedilizia, associazione che riunisce proprio i proprietari di case. Anche loro si sono fatti due calcoli e alla fine è emerso che la cedolare è conveniente, ma non proprio per tutti. Se infatti per i cosiddetti contratti liberi (quattro anni più quattro senza limitazioni di prezzo) l’aliquota fissa al 20% fa risparmiare qualcosina a tutte le fasce di reddito, così non è per i contratti agevolati, quelli di tre anni più due a canone calmierato. In questo caso, infatti, entrano in gioco forti deduzioni fiscali, fino al 45%, che vanno a modificare l’impatto dell’Irpef. Per questo tipo di contratti la cedolare al 20% inizia a diventare conveniente solo per gli scaglioni di reddito annuo sopra i 28mila euro. Al di sotto, infatti, i redditi da affitto vengono attualmente tassati, tenendo conto delle agevolazioni, con aliquote che vanno dal 13,6 al 16%. In altre parole, chi utilizza contratti calmierati e ha un reddito basso, al di sotto dei 15mila euro, potrebbe addirittura dover versare al fisco qualcosa in più. Per un canone d’affitto di 10mila euro annui la tassazione aggiuntiva potrebbe anche raggiungere i 632 euro l’anno.
Su questo fronte, però, la materia è ancora in via di definizione e non sono escluse modifiche sia nel testo definitivo del governo sia nel successivo passaggio parlamentare. Tra le proposte per migliorare il testo c’è quella, assai interessante, che arriva dal presidente di Solo Affitti, Silvia Spronelli. L’idea, sempre nell’ottica di favorire l’emersione dell’evasione fiscale, è quella di affiancare alla cedolare la possibilità per gli inquilini di detrarre dall’Irpef il canone di locazione. Come con l’aliquota fissa, il fisco alla fine resterebbe in attivo grazie alla quota di sommerso che esce allo scoperto, mentre per i cittadini, in tempo di crisi e di difficoltà di accesso al credito, potrebbe essere una vitale boccata d’ossigeno.

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