giovedì 10 maggio 2012

La trasparenza del governo: «Nascosti» 68 parenti

I professori non fanno i compiti. Alla faccia della “assoluta trasparenza” sbandierata in più occasioni da Mario Monti come tratto caratteristico e imprescindibile dell'esecutivo tecnico, molti ministri non sono ancora in regola con le normative Antitrust. In particolare, con quelle relative alle dichiarazioni sulle attività patrimoniale che, in base alla legge del 2004, tutti gli esponenti di governo devono inviare all'authority entro 90 giorni dall'insediamento. Ebbene, secondo la relazione semestrale del garante, all'appello mancano 68 dichiarazioni su un totale di 296, malgrado i termini siano scaduti. Ad occhio e croce si tratta di un buon 25% di soggetti obbligati a comunicare i dati che si è tranquillamente infischiato di rispettare la legge.

Le mancate dichiarazioni riguardano tutte i familiari di ministri e sottosegretari. E il motivo è presto spiegato. Sebbene coniugi e parenti entro il secondo grado abbiano il dovere di alzare il velo sulle loro attività economiche, al fine di rilevare «eventuale ipotesi di conflitto di interessi per incidenza patrimoniale in relazione ad atti dai medesimi titolari adottati o promossi nell'esercizio delle relative funzioni di governo», l'Antitrust non ha alcuno strumento per ottenere le informazioni. Il reato previsto dall'articolo 328 del codice penale in caso di mancate, incomplete o non veritiere dichiarazioni riguarda infatti solo i titolari di carica. L'assenza, scrive l'authority guidata da Giovanni Pitruzzella, «di poteri coercitivi nei confronti dei familiari inadempienti rappresenta una grave lacuna della legge, che ostacola il corretto ed efficace esercizio delle funzioni di vigilanza». Risultato: l'Antitrust non ha potuto far altro che «attivare specifiche procedure di sollecito» e i dati non sono arrivati.
Meglio è andata sul fronte delle incompatibilità. Le 182 posizioni potenzialmente a rischio sono state infatti risolte spontaneamente (in 162 casi) o in seguito a segnalazione (in 20 casi), senza comunque la necessità dell'apertura di un'istruttoria da parte dell'autorità, che sta però ancora vagliando due situazioni. Il dato più curioso riguarda però il generoso via libera concesso dall'Antitrust ad una serie di ruoli ricoperti da alcuni esponenti di governo. Complessivamente, il bollino di “compatibilità” è stato concesso per 75 situazioni su un totale di 257 esaminate.

Tra queste spiccano alcune note associazioni di cui è autorevole membro il premier Mario Monti. Non si tratta della bocciofila o del circolo parrocchiale, ma di organismi del calibro di Trilateral Commission e Bildelberg. Entrambe, a torto o a ragione, spesso considerate come i due centri di potere più influenti dell'intero mondo occidentale. Al punto che lo stesso Professore, incalzato dalle polemiche sulla potenziale commistione di interessi, aveva annunciato, in seguito al suo insediamento, l'abbandono da ogni carica. Sul sito della commissione Trilaterale, in effetti, la casella di chairmain per l'Europa, prima occupata da Monti, è vuota e il nome del presidente del Consiglio compare solo nella lista degli ex membri impegnati in incarichi pubblici (come una sorta di aspettativa). Per quanto riguarda Bildelberg, Monti figura ancora nello steering committee (il comitato direttivo) come primo ministro italiano. Poco male per l'Antitrust, che considera queste cariche perfettamente compatibili «per assenza di rilievo imprenditoriale».
In altre parole, Trilaterale e Bilderberg vengono considerate dal garante alla stregua dell'Aspen Instutute e dell'Astrid, dove siede il ministro dei Rapporti col Parlamento Piero Giarda, o della Fondazione Italianieuropei, nel cui direttivo c'è il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo. Semplici circoli culturali.

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