Mentre il Parlamento si prende una pausa il ministro dell’Economia uscente continua a lavorare. Forse sarebbe stato meglio il contrario. Già, perché l’attività a cui si sta dedicando in questi giorni Pier Carlo Padoan, insieme ai tecnici di Via XX Settembre, è il Documento di economia e finanza. Documento che, non essendoci un governo in carica, dovrà essere stilato, come ha suggerito l’Europa a legislazione vigente. Il che significa una stangata di 12,5 miliardi nel 2019 e di 19 nel 2020 grazie all’aumento dell’Iva automatico previsto dalle famigerate clausole di salvaguardia.
Lo spettro della stretta fiscale, che da qualche settimane aleggia sui contribuenti italiani, si sta materializzando proprio in queste ore. Stando ad indiscrezioni circolate ieri sera, infatti, nel Def tecnico, atteso per martedì prossimo, il Pil 2018 è previsto accelerare all’1,6% dall’1,5% previsto finora. Mentre nel 2019 e nel 2020 rallenterà all’1,4% e all’1,3%. La flessione, si legge nero su bianco nel documento, è dovuta all’effetto «recessivo» delle clausole di salvaguardia sull’Iva previste a legislazione vigente. «Il quadro tendenziale non è stato ancora definito ed è al momento oggetto di analisi dai tecnici. Si tratta ancora di ipotesi allo studio», ha fatto trapelare il ministero dell’Economia da Washington, dove si è recato per seguire i lavori dell’Fmi e del G20.
La realtà è che senza un accordo politico tra i vincitori del voto il Documento di economia e finanza non potrà indicare eventuali coperture per disinnescare le clausole di salvaguardia. E quelle previsioni sul pil dei prossimi anni confermano gli effetti degli aumenti automatici dell’Iva.
Clausole o no, Padoan ha difeso la strategia attuata dal suo governo e ha avvertito il prossimo esecutivo. «Non ci sono scorciatoie, è la strada giusta», ha detto il ministro, elencando le riforme adottate, dal Jobs Act alle misure per le banche.
Poi Padoan si è dedicato al dibattito sull’Europa, durante il quale ha ribadito la posizione del suo governo, favorevole a una «riduzione e condivisione del rischio». L’Ue, ha aggiunto il responsabile dell’Economia, ha la dimensione per affrontare le sfide che si profilano all’orizzonte: «Il rafforzamento lancerebbe un messaggio politico forte: l’integrazione è meglio della disintegrazione». E proprio l’integrazione e il multilateralismo sono il tormentone che il presidente del Fmi, Christine Lagarde non smette di ripetere. «Le prospettive per l’economia sono positive», ha detto, ma «nubi» si addensano all’orizzonte, e fra queste il protezionismo da cui è necessario «tenersi alla larga».
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