sabato 21 aprile 2018

La Bce smaschera gli istituti italiani: hanno riempito i clienti di titoli tossici

La lezione non è servita. Non sono bastati gli oltre 400 milioni di euro di obbligazioni subordinate messe in tasca ai piccoli clienti di Banca Carife, Carichieti, Banca Marche ed Etruria, i 200 milioni di Pop Vicenza e Veneto Banca, i 2,1 miliardi di Mps.
Ad ogni fallimento bancario tutti i principali istituti si sono affrettati a promettere che i loro sportelli avrebbero tenuto i risparmiatori alla larga dai prodotti di investimento più rischiosi. Quelli che finiscono in fumo per primi quando la banca va a gambe all’aria e che costringono lo Stato ad intervenire con i soldi dei contribuenti.


Ebbene, hanno mentito. Non si spiegherebbero altrimenti i numeri snocciolati un paio di giorni fa dal capo della Vigilanza della Bce, Danièle Nouy. Secondo le rilevazioni effettuate dall’Eurotower, le banche italiane non solo hanno continuato ad offrire le obbligazioni subordinate alla clientela retail, ma lo hanno anche fatto con un certo zelo. Il nostro Paese, infatti, risulta quello che in Europa ha la quota più alta di bond bancari soggetti al bail in in mano alle famiglie.
La circostanza è emersa casualmente, grazie ad una interrogazione dell’europarlamentare Sven Giegold. A cui la Nouy ha risposto con una bella tabella, chiara ed inequivocabile. In Italia oltre il 40% dei titoli a rischio emessi dalle banche italiane è stato collocato presso il risparmio privato. La quota, già elevata di per sè, risulta molto più alta di quelle riscontrate negli altri Paesi. In Francia, addirittura, la soglia non supera il 10%, mentre in Germania e in Spagna si attesta intorno al 20%. L’unico Paese che un po’ si avvicina al nostro è il Portogallo, che ha una quota di bond subordinati piazzati alla clientela retail al di sotto del 30%.

Insomma, malgrado la scottatura recente dei salvataggi bancari, le polemiche sulla scarsa consapevolezza dei risparmiatori in merito alla rischiosità degli investimenti, il dibattito sull’inefficacia dei controlli, sulla clamorosa ammissione di impotenza da parte di Bankitalia e Consob e sulla spregiudicatezza dei promotori finanziari, le banche hanno continuato tranquillamente ad offrire alle famiglie titoli tossici e ad alto rischio.
Per la Nouy la soluzione è a portata di mano: basterebbe fissare il taglio minimo dei bond subordinati a 100mila euro. In questo modo, ha spiegato, «si alzerebbe la soglia per gli investitori e aumenterebbe la consapevolezza dei risparmiatori».
La ricetta è la stessa suggerita da anni da Bankitalia. E forse non è così bizzarra. D’altra parte, tutti sanno che impacchettare e nascondere titoli rischiosi in prodotti apparentemente più sicuri, in grado di aggirare eventuali paletti, non è così difficile.
Soprattutto se l’incentivo, così come suggerisce la stessa Nouy, è alto. «Con una tale rischiosità lasciata al risparmio privato», ha spiegato, «è più difficile liquidare una banca». In altre parole, più famiglie sono incastrate negli investimenti dell’istituto, più è facile che lo Stato intervenga con salvataggi pubblici. Esattamente come è appena successo.

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