mercoledì 13 maggio 2015

Cavallaro: "Ora va riscritta l'intera riforma o sarà una generazione di poveri"

Alla faccia dei dati trionfalistici sull’occupazione sbandierati solo qualche giorno fa dall’Inps, sul palco del nono congresso della Cisal  campeggia la scritta a caratteri cubitali  «il lavoro che non c’è». Sul giochino dei numeri sparati negli ultimi mesi il segretario storico del sindacato autonomo, Francesco Cavallaro, che si appresta ad essere riconfermato, ha le idee chiare: «Per una valutazione attendibile bisognerebbe attendere i dati definitivi e consolidati. Ma se dovessi scegliere ora, sulla base del riscontro che ho dal territorio e dai lavoratori direi che ha ragione l’Istat, con la disoccupazione tornata al 13%».

Sta dicendo che le riforme del governo Renzi non stanno rilanciando le assunzioni?
«Per ora vedo soprattutto moltissime trasformazioni di contratti a tempo determinato per cogliere l’opportunità della decontribuzione. E se  disaggreghiamo i dati, di qualunque fonte essi siano, ci accorgiamo che la situazione in alcuni aree del Paese, come il Mezzogiorno, è ancora drammatica».

E cosa dovrebbe fare l’esecutivo?
«Ad esempio prendere in mano una volta per tutte il dossier pensioni».

Prima, però, bisogna risolvere la grana sulle perequazioni...
«Lì c’è poco da fare. Le sentenze vanno rispettate e i soldi restituiti. Ma è tutto l’impianto scaturito dalla riforma Dini e proseguito con la legge Fornero che va rivisto, anche separando l’assistenza dalla previdenza. Se oggi i lavoratori non arrivano alla terza settimana con lo stipendio, figuriamoci cosa succederà quando andranno in pensione. Stiamo creando una generazione di nuovi poveri».

Anche il fisco non aiuta ad arrivare alla fine del mese...
«Pure qui ci troviamo di fronte all’ennesima riforma annunciata e mai concretizzata. Invece di abbassare le tasse, introdurre il contrasto di interessi e mettere veramente all’angolo l’evasione, che sottrae annualmente all’erario dai 130 ai 170 miliardi di euro,  abbiamo avuto il 730 precompilato, un modello pieno di errori che riesce difficile definire una riforma».

E sulla “buona scuola” qual è il suo giudizio?
«Un caos di idee. Tutto l’impianto del documento è fortemente centralistico e l’autonomia delle scuole rischia di essere assorbita da una regolazione interamente affidata a scelte governative. A cominciare dall’assunzione dei 150 mila docenti e dalla gestione dei concorsi. Noi siamo a favore di una vera cultura manageriale nella scuola per promuovere un vero sistema di valutazione delle performance, del merito e delle qualità, da affidare a organismi assolutamente indipendenti e da utilizzare per la progressione di carriera».

Non tutti i sindacati, però, la pensano come voi...
«Noi crediamo che il Paese abbia bisogno di una svolta strategica, che riguarda il governo ma anche i sindacati. E’ opportuno individuare le misure più efficaci attraverso una nuova stagione di confronto tra politica, associazioni e parti sociali. E’ giunta l’ora di riaprire un tavolo di concertazione serio. E per far questo è necessario che i sindacati si chiariscano prima le idee tra di loro per poi affrontare in materia determinante un ragionamento col governo. Per quanto riguarda la Cisal, ci proponiamo come polo aggregante di quanti si riconoscano nell’unica matrice ideale dell’autonomia, che punta a semplificare il quadro della rappresentanza e della rappresentatività».

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