Che Mario Capanna non ami parlare dei vitalizi che gentilmente gli italiani gli versano in tasca ogni mese, lo sapevamo. Ne avevamo già avuto prova con la scena madre vista all’Arena di Massimo Giletti. Il quale, certo, ci mise un bel po’ del suo, ma che si attirò le ire funeste dell’ex sessantottino solo per aver nominato la prebenda di cui Capanna gode. Con Libero, la storia si ripete: c’è giusto un pizzico di arroganza in più.
Abbiamo rintracciato il signor Mario al telefono e lui ci ha subito bloccato. Voleva fare «una premessa», ci ha spiegato gentilmente. «Ho tenuto per qualche anno una rubrica settimanale su Libero, quando era direttore Feltri», ha aggiunto. «Arriva poi Belpietro che senza nemmeno dirmi la ragione la cassò. Allora io sono felice di rispondere a qualsiasi domanda di Libero se mi garantite che Belpietro mi rimette la rubrica. Altrimenti io non dirò nulla a voi, su nessun argomento». A parte il fatto che è diritto di un direttore togliere una rubrica dal proprio giornale. Avete capito il ragionamento di Capanna? È disposto a parlarci del lauto vitalizio che gli pagano gli italiani a patto che Libero gli conceda di scrivere una rubrica. Beh, a questo punto potrebbe anche dire che è disposto a rinunciare il vitalizio a patto che il nostro giornale gli versi uno stipendio mensile.
Abbiamo tentato di insistere. La nostra inchiesta riguarda il denaro pubblico, e Capanna dovrebbe risponderne non tanto a Libero quanto agli italiani. Ma lui è stato irremovibile: o rubrica o silenzio. Secondo lui, il fatto di essere stato privato dello spazio settimanale sul giornale «è stato un atto di impegno di prepotenza senza nemmeno giustificazione». Ragion per cui, ha concluso il prode Mario, «se Belpietro mi rimette la rubrica io rispondo. Questo è insuperabile, per cui ringrazio per la gentilezza e vi lascio al vostro lavoro sperando che non vi venga bene».
Ringraziando per l’augurio ci troviamo, quindi, costretti ad attingere ad altre fonti. Del resto, cosa pensi delle inchieste sui vitalizi, l’ex leader del Movimento studentesco e di Democrazia proletaria, oggi settantenne, lo ha già detto chiaramente nelle scorse settimane. Si tratta, ha dichiarato a metà gennaio a La Zanzara, di «minchiate e pirlate» con cui il giornalismo «titilla la pancia delle persone» invece di occuparsi «degli altri problemi del Paese». Oggetto del dibattito era la clamorosa decisione di scagliarsi contro il taglio dei vitalizi deciso dalla Regione Lombardia. L’ex sessantottino, che ora produce miele e olio in Umbria (dove è nato) e dice di non possedere telefonini, ha infatti impugnato di fronte al Tar, insieme ad altri 53 ex consiglieri regionali, la delibera del Pirellone che sforbicia in media del 10% le generose pensioni elargite dalla Regione. Vitalizio che per Capanna, consigliere dal 1975 al 1980, si aggira sui 5mila euro lordi mensili e si va a sommare a quello da parlamentare, deputato per due legislature (1983-92) di 4.725 euro lordi. Solo quest’ultimo, secondo i calcoli effettuati da Libero, gli ha permesso di incassare fino ad oggi 523.100 euro a fronte di 120.805 contributi versati. Gli altri 402.295 euro li abbiamo messi noi.
L’ex Dp è uno fissato con le scuse. Nel 2008 ha preteso, con cinquant'anni di ritardo, quelle del rettore della Cattolica: l’università di Milano, avendolo espulso nel 1968 in seguito alle sue azioni di protesta, gli avrebbe negato il diritto a laurearsi in filosofia. Nel 2009, a quarant’anni da Piazza Fontana, ha chiesto al presidente Giorgio Napolitano di «esprimere le scuse di Stato per una strage di Stato». In tempo reale è arrivata invece la richiesta a Giletti, quando il giornalista ha scaraventato il libro di Capanna in terra dopo la furiosa lite proprio sull’opportunità di intascare vitalizi così generosi.
Il ragionamento di Giletti non era poi così peregrino. Ma Capanna, che le scuse è sempre pronto a pretenderle, non ha mai neanche per un attimo pensato di doverne dare. C’è sempre una risposta pronta per tutto. Quando, lo scorso novembre, si è dimesso dalla presidenza del Corecom Umbria (1.230 euro netti al mese) per non perdere il vitalizio della Regione Lombardia, ha spiegato senza fare una piega: la legge regionale sull’incompatibilità «non soltanto è stata fatta con i piedi», ma va ad «incidere sull’attività istituzionale di un’altra regione». Straordinaria la motivazione per il ricorso contro la Regione. «Tutti dovrebbero fare il tifo per il Tar», ha scritto in una lettera al Corriere, «se ci desse torto i diritti acquisiti di milioni di pensionati potrebbero essere manomessi». Quanto al doppio vitalizio che, come lui stesso ha detto, gli porta in tasca ogni mese 2.300 euro dalla Regione e 3mila come parlamentare, la replica è da incorniciare. «Non sono un privilegiato», ha detto sempre a La Zanzara, «ho fatto il parlamentare e il consigliere regionale. Ora dovrei fare il barbone sotto un ponte?».
Forse Libero potrebbe essere disponibile ad ospitare una rubrica di Capanna. Quella in cui ci spiega per quale motivo i contribuenti gli abbiano dovuto regalare più di 400mila euro.
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