Il sospetto che nello sblocca Italia ci fosse un regalino alle autostrade a qualcuno era venuto. Da subito, ad esempio, il senatore di FI Lucio Malan aveva messo in dubbio l’opportunità di concedere la proroga delle concessioni senza gara, così come previsto dall’articolo 5 del decreto, in presenza di operazioni di unificazione delle tratte. «In questo modo gli automobilisti», aveva denunciato Malan, «continueranno a pagare pedaggi cinque o sei volte più alti di quanto si dovrebbe fare per pagare la sola manutenzione».
A quantificare l’effetto della norma ci hanno poi pensato gli economisti de Lavoce.Info. Secondo l’economista Giorgio Ragazzi, con un passato al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale, le proroghe (comprese tra gli 11 e i 31 anni) valgono complessivamente per le società autostradali circa 16 miliardi di margine operativo lordo, a fronte di 11 miliardi di investimenti previsti dallo stesso governo. Risorse, queste ultime, che saranno però compensate da corrispettivi aumenti dei pedaggi.
Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, ha sempre sostenuto che il decreto non contiene alcuna “proroga facile” per le concessionarie. Il provvedimento, però, aveva gia fatto storcere il naso, lo scorso settembre, sia all’autorità Antitrust sia a quella Anticorruzione.
E in questi giorni l’organismo guidato da Raffaele Cantone è tornato all’attacco in maniera più diretta. In una lettera indirizzata ai presidenti delle Camere e al titolare delle Infrastrutture il presidente fa notare che la norma «sembrerebbe rendere possibile, nel caso di unificazione di convenzioni con scadenze differenziate, lo slittamento della scadenza di alcune di quelle vigenti, senza, quindi, l’espletamento di alcun tipo di procedura ad evidenza pubblica, in violazione, tra l’altro, dei principi di concorrenza ed economicità».
Le richieste di modifica del rapporto concessorio, inoltre, «richiedono espressamente la realizzazione di nuovi investimenti da parte dei concessionari che restano comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti» già previsti dagli attuali contratti. Quest’aspetto «potrebbe dare luogo a non pochi problemi se si tiene conto del tessuto normativo in cui la nuova disposizione si inserisce».
Quanto alle tariffe, infine, Cantone spiega che «il regime è attualmente regolato da formule differenti, succedutesi nel tempo e approvate con delibere del Cipe». Di conseguenza, «la finalità contenuta nella norma, volta ad assicurare, tramite investimenti aggiuntivi, l’erogazione di un servizio sulla base di tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti potrebbe risultare difficilmente perseguibile in relazione alla presenza di molteplici sistemi di aggiornamento tariffario».
L’invito, considerate le numerose criticità, è quello di monitorare ed eventualmente modificare la norma. Un’ipotesi teoricamente possibile fino al 30 giugno, termine entro il quale i concessionari dovrebbero presentare le richieste di proroga alle Infrastrutture.
© Libero