domenica 11 dicembre 2016

Il Montepaschi prova a fare da solo

Mentre i tecnici del ministero dell’Economia, in attesa che si concluda l’iter per la formazione del nuovo governo, continuano a mettere a punto i dettagli del piano di salvataggio pubblico di Mps (che in una prima fase sarebbe limitato alla garanzia su una parte dell’aumento), a Siena c’è ancora la convinzione che sia possibile cavarsela da soli, con un’operazione di mercato.


Sul tavolo del cda convocato per oggi pomeriggio c’è un complicato mosaico di interventi congiunti che potrebbe consentire al Monte dei Paschi di rastrellare i 5 miliardi necessari a coprire l’aumento  senza aiuti esterni. Al centro del piano, inutile dirlo, ci sono sempre i 40mila sottoscrittori retail di obbligazioni subordinate che rischiano di finire a gambe all’aria. L’idea è quella di proporre una conversione volontaria dei bond al prezzo nominale dei titoli, dunque più vantaggiosa rispetto a quella obbligatoria (burden sharing) che potrebbe scattare anche con un intervento dello Stato. In questo modo la banca spera di recuperare almeno uno dei due miliardi in mano agli obbligazionisti. Ma per procedere serve l’ok della Consob, che deve autorizzare un allentamento dei vincoli imposti dalla  Mifid per tutelare i risparmiatori. L’autority guidata da Vegas è già stata contattata e non è escluso che la risposta arrivi in tempo per il cda. A quel punto partirà una vera e propria corsa contro il tempo. Le filiali verranno mobilitate per contattare a tappeto tutti i 40mila obbligazionisti.

Nel frattempo, l’istituto valuterà la possibilità tecnica di proporre la conversione anche ai sottoscrittori istituzionali del bond Fresh da un miliardo, finora lasciati fuori dalla partita, ma soprattutto tenterà di riportare in pista il fondo sovrano del Qatar, con il suo potenziale investimento da un miliardo. Considerando il miliardo già recuperato dagli obbligazionisti istituzionali, resterebbero così da trovare meno di due miliardi, che Jp Morgan e Mediobanca contano di recuperare con un collocamento lampo ai fondi già sondati nei giorni scorsi. L’operazione dovrebbe partire a metà della prossima settimana, dopo l’ufficializzazione del no della Bce alla proroga dell’aumento. Ma tutte le tessere devono andare al loro posto. E il gioco di incastri è tutt’altro che semplice.
Se anche Mps dovesse miracolosamente farcela, poi, la giostra non sarà affatto finita. Mentre tutti i riflettori sono puntati su Siena, molte altre banche sono a caccia di risorse fresche per rafforzare il patrimonio. A partire da Unicredit, che martedì dovrebbe alzare il velo sull’entità di un aumento che le stime collocano tra i 10 e i 13 miliardi. Operazione imponente, resa però abbastanza agevole dalla raffica di cessioni (Fineco, Pekao  Pioneer) che porterà nelle casse dell’istituto oltre 6 miliardi. Nella lista ci sono poi Veneto Banca e Pop Vicenza, che avranno bisogno di almeno un miliardo per consentire ad Atlante di compensare la cessione delle sofferenze. Anche Ubi, candidata ad acquisire tre delle quattro banche fallite, dovrebbe recuperare circa 600 milioni, mentre Carige ha ingaggiato un braccio di ferro con la Bce, che vorrebbe una ricapitalizzazione di 500 milioni. In odore di aumento pure Pop Sondrio, che secondo gli analisti dovrà trovare  250 milioni.

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