sabato 1 novembre 2014

La farsa del metrò automatico. Non va senza un macchinista

Dopo tre tentativi a vuoto le porte restano aperte e il convoglio si blocca. Doveva essere il fiore all’occhiello della metropolitana romana, il trionfo della tecnologia, uno sguardo sul futuro. E invece nella nuova metro C che collegherà Montecompatri al quartiere della Capitale Centocelle torneranno i vecchi e collaudati macchinisti. Peccato che l’Atac non abbia assunto macchinisti abilitati e che le carrozze attrezzate con il sistema driverless non prevedano alcuna cabina di guida, ma solo una piccola consolle per spostamenti di emergenza del treno.

A pochi giorni da quella che, ufficiosamente, viene indicata come data per la partenza del primo servizio tra Pantano e Centocelle la metro C è nel caos più totale. Dopo 7 anni di attesa, con un ritardo di 3 anni e mezzo sul cronoporgramma e un’inchiesta della Corte dei Conti che ha contestato 368 milioni di danno erariale a 16 persone tra amministratori, dirigenti di Roma Metropolitane e uomini del consorzio Metrco C, la nuova linea doveva essere ianugurata lo scorso 11 ottobre.
Ma non se n’è fatto nulla. Troppi problemi di sicurezza legati al sistema driverless. Ora si parla di una nuova data. C’è chi dice il 5 novembre, chi, più prudentemente, domenica 9. Ma il taglio del nastro è ancora un miraggio. Il sistema di guida senza conducente, che la nostra Ansaldo Sts ha esportato in tutto il mondo, è già utilizzato nelle metropolitane di Copenaghen, Singapore, Vancouver, Docklands (Londra), Hong Kong, Lille, Parigi, Los Angeles, Salonicco, Torino, Milano e Brescia.

Nella Roma del sindaco Ignazio Marino, però, non vuole saperne di funzionare. Il sistema continua a generare falsi segnali di allarme, alcuni dei quali provenienti dai sensori antincendio che provocano il blocco d’emergenza di tutto il sistema. Ma il problema più grosso sembra essere quello delle porte. Quando si frappongono ostacoli alla chiusura, cosa che nell’orario di punta si presume sia all’ordine del giorno con i viaggiatori che tentano di entrare ad ogni costo sul vagone, il sistema va in tilt. Le porte resistono fino al terzo tentativo, dopodiché il software che controlla il sistema di marcia automatico (Atc, automatic train control) scatta il blocco di sicurezza e il treno rimane in banchina. I tecnici sono al lavoro da giorni, ma ancora non sono riusciti a venire a capo dell’enigma.
Risultato: l’Atac ha fatto sapere agli addetti che malgrado il supercervellone che controla tutto dovranno comunque sovrintendere alla guida dei convogli. Al di là dei problemi legati al cambio di incarico rispetto al contratto, che sta facendo infuriare i lavoratori, e al fatto che nei treni non c’è un vero e proprio posto di guida, il ritorno alla tradizione costituirà per l’azienda guidata da Danilo Broggi (ex ad della Consip chiamato nel 2013 da Marino) una bella gatta da pelare anche sotto il profilo economico.

L’assenza del conducente, infatti, consente di ridurre notevolmente i costi di gestione e di manutenzione del servizio, che per il 30% sono assorbiti proprio dalle retribuzioni dei macchinisti. Un bel risparmio, su cui più volte l’amministrazione capitolina aveva posto l’accento nell’illustrare il progetto della metro C.
Ora, dovendo rimettere il personale sui convogli, all’azienda non resteranno che due alternative: o procedere a nuove assunzioni o cavarsela con le risorse già programmate.
In entrambi i casi la sforbiciata dei costi del 30% andrà a farsi benedire. Anche optando per la seconda opzione, infatti, l’Atac sarà costretta a pagare fior di straordinari per consentire il normale svolgimento dell’attività.
Nell’attesa di capire quale sarà il nuovo conto economico della linea C resta ancora da capire se effettivamente il ritorno alla presenza umana sarà sufficiente a superare i problemi di sicurezza sollevati una decina di giorni fa dall’Ustif, la commissione del ministero delle Infrastrutture deputata a dare il via libera finale. «Dalla prossima settimana», ha dichiarato l’ottimista Paolo Omodeo Salè, presidente di Roma Metropolitane, «ogni giorno potrebbe essere buono».

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