Per aprire un’impresa dovrebbe bastare un giorno. Ma per rendere operativa la legge non sono bastati quattro anni. A due giorni dalla scadenza del 29 marzo, quando sarebbe dovuto finalmente entrare in vigore lo Sportello unico per le attività produttive, si scopre che la maggior parte dei Comuni italiani non solo non ha predisposto le necessarie strutture informatiche per l’invio telematico delle comunicazioni, ma non ha neanche la linea adsl.
Ad essere rimasti indietro con la preparazione, secondo i dati di Unioncamere sarebbero addirittura tre quarti degli enti locali (circa 6mila), a fronte di un 26% che sarebbe invece pronto a partire.
A lanciare l’allarme, nei giorni scorsi, è stata la stessa Associazione Nazionale dei Comuni, che il 18 marzo ha preso carta e penna e ha scritto ai ministri della Semplificazione, Roberto Calderoli, e dello Sviluppo, Paolo Romani, una bella missiva per spiegare che, «nonostante lo sforzo organizzativo, tecnologico e di risorse umane e finanziarie, residuano ancora taluni problemi che necessitano di tempestiva risoluzione». Un modo elegante per dire che lo Sportello unico è ancora in alto mare.
Il governo non si è però dato per vinto. E in una circolare inviata a tutte le associazioni di categoria venerdì scorso ha indicato la strada: un «nulla osta alla presentazione della documentazione secondo le tradizionali modalità cartacee» per quei Comuni che «non sono ancora in grado di operare in modalità esclusivamente telematica». In sostanza, da martedì prossimo ogni amministrazione farà come gli pare. In alcuni enti locali per costituire e avviare un’impresa basterà l’invio di una mail, in altri bisognerà scalare la solita montagna di moduli, documenti e autorizzazioni.
Una soluzione pasticciata, che ha fatto venire i capelli dritti agli interessati. Per il presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Guerrini, piuttosto che partire così, è meglio un rinvio. Occorre, si legge in una lettera iniviata a Romani e Calderoli, «un avvio sicronizzato dell’intero processo in modo che tutte le imprese siano messe nelle condizioni di beneficiare delle nuove semplificazioni». Il governo, in realtà, era stato lungimirante. Prevedendo il ritardo degli Enti locali aveva provveduto ad istituire le Agenzie per le imprese. Società di servizi private che avrebbero dovuto affiancare la Pa. Peccato, però, che l’esecutivo, questa volta il compito spettava al ministro dell’ Economia, Giulio Tremonti, si sia poi dimenticato di varare il regolamento sulle tariffe e modalità di accreditamento, senza il quale le Agenzie non possono operare.
Di sicuro, nessuno può prendersela con i tempi stretti della riforma. L’iter del processo di semplificazione è partito addirittura nel 2007, con la prima fase relativa all’accorpamento delle richieste necessarie a costituire un’impresa. Si tratta della cosiddetta Comunicazione Unica, una pratica gestita dalle Camere di Commercio, che consente di assolvere in un solo giorno tutti gli adempimenti verso Registro delle Imprese, Inps, Inail ed Entrate. Dopo una sperimentazione di sei mesi, lo strumento è diventato operativo il 31 marzo del 2010. Qualche mese dopo, a giugno, con il via libera a due regolamenti, il governo ha annunciato con soddisfazione la partenza anche dello Sportello unico, che permette, sempre in poche ore, ad un’impresa già costituita di iniziare l’attività. In altre parole, si può creare e far realmente partire un’azienda in un solo giorno. Resta da capire quale.
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