Malgrado il peso del fisco, i costi della burocrazia e l’assottigliamento del credito da parte delle banche, le piccole e medie imprese continuano a sfornare le risposte più sorprendenti ai colpi della crisi. Arriva proprio dalle pmi, infatti, uno dei segnali più importanti e incoraggianti di risveglio del sistema economico: la ripresa delle assunzioni. La situazione italiana è ben nota. A gennaio, secondo i dati Istat confermati ieri anche dall’Ocse, la disoccupazione è rimasta stabile all’8,6%.
Una quota significativa, che va letta però in controluce con il dato continentale che parla di una media del 9,9% per l’eurozona e del 9,5% per la Ue. Non solo. La percentuale di gennaio rappresenta il terzo dato mensile stabile consecutivo: a dimostrazione che il mercato del lavoro in qualche modo tiene. Un modo, purtroppo, che non salva i giovani. Nel primo mese dell’anno il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni è infatti schizzato alla quota record del 29,4%.
È in questo quadro che si inseriscono le rilevazioni effettuate dal sistema Excelsior di Unioncamere, che da qualche tempo a questa parte monitorizza il mercato delle pmi con cadenza trimestrale piuttosto che annuale. Un cambiamento voluto dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, proprio per favorire una maggiore sintonia tra domanda e offerta e fare in modo che proprio i giovani possano orientare la loro preparazione verso quei settori dove maggiore è la richiesta di lavoratori.
Ebbene, dall’analisi effettuata sul primo trimestre del 2011 risulta che le piccole e medie imprese dell’industria e dei servizi hanno previsto quasi 99mila nuove assunzioni. Si tratta, hanno spiegato da Unioncamere, di «sensibile risalita delle entrate rispetto al IV trimestre 2010», quando la cifra si era fermata a 71mila. A fare la differenza soprattutto il settore manifatturiero, dove si prevedono 45mila assunzioni rispetto alle 17mila preventivate a fine 2010. Raddoppiano anche le previsioni nel commercio, dove i posto passano da 8mila a 16mila. Ma l’altro grande blocco è rappresentato dall’insieme delle imprese degli altri servizi, che dovrebbe dare lavoro a quasi 38mila persone.
Entrando ancor più nel dettaglio si scopre che il 54% delle opportunità di lavoro si concentra nelle regioni settentrionali e che avere un titolo di studio aiuta molto a non restare a casa. Le imprese sono infatti intenzionate a riservare una quota del 53,2% delle nuova assunzioni proprio a chi è in possesso di una laurea o di un diploma.
Un dato molto interessante è quello relativo alle caratteristiche dimensionali delle aziende che assumono. Viene, infatti, confermato un maggiore dinamismo delle piccole e micro imprese rispetto a quelle medie. Dei 99mila posti di lavoro previsti circa 74mila arriveranno proprio da aziende che hanno da uno a 49 dipendenti. Anche le imprese da 50 fino a 250 dipendenti hanno però ingranato la marcia. Anzi, gran parte del recupero rispetto al 2010 è dovuto a loro, visto che le assunzioni previste sono passato dalle 7.400 della fine dello scorso anno alle 24.500 del primo trimestre del 2011.
Per quanto riguarda le tipologie di contratti, alla faccia delle polemiche sul precariato come fattore di destabilizzazione nei momenti di crisi, il 42,5% dei neo lavoratori sarà assunto a tempo indeterminato, mentre i contratti a termine non oltrepassano il 40% (il resto è lavoro stagionale).
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