mercoledì 30 marzo 2011

Bankitalia a Tremonti: serve uno Stato regolatore non un capitalismo di Stato

Non è Mario Draghi a parlare, ma la sostanza cambia poco. Per Bankitalia Giulio Tremonti può e deve fare di più. A lanciare l’affondo, questa volta, è il direttore generale Fabrizio Saccomanni, intervenuto al trentennale della storica rivista quadrimestrale Economia Italiana, edita da Unicredit, che per celebrare la ricorrenza ha realizzato un volume unico che raccoglie gli indici di tutti gli scritti pubblicati dal 1979 al 2009.
Un dibattito alto e sofisticato, quello animato dal numero due di Via Nazionale, insieme a numerosi economisti, tra cui Paolo Savona, Michele Salvati, Michele Barbato e Guido Maria Rey, che non ha però risparmiato critiche e suggerimenti al governo sulla strada da prendere per ridare vita al tessuto economico senza appesantire i conti pubblici.

Anzi, proprio da qui bisogna partire. Perché, ha spiegato Saccomani, «ci sono ampi margini per risparmi di spesa e miglioramenti qualitativi». Per il direttore generale di Bankitalia, «serve uno Stato funzionale e propositivo, regolatore e non produttore. Non bisogna tornare a quei tempi in cui lo Stato era fattore sostitutivo alla scarsa dinamicità del capitalismo, ma deve recuperare la sua funzione nobile».
Insomma, per Via Nazionale, quello che dice spesso Tremonti, che l’economia non la fa il governo, è vero fino ad un certo punto. Perché «l’efficienza dell’azione pubblica è fattore di sviluppo attraverso la fornitura di servizi efficienti, mentre, al contrario, può essere freno per l’economia quando assorbe risorse».
Regno incontrastato dell’assorbimento improduttivo è, inutile dirlo, il Meridione. «Il Paese», ha spiegato Saccomanni, «ha nel Mezzogiorno un potenziale di risorse inespresso, in primo luogo il lavoro, che è una chiave fondamentale di rilancio della crescita».

Su questi temi l’intervento di Saccomanni si collega idealmente a quanto illustrato il giorno prima, di fronte alla Bicamerale per il federalismo, dal capo del Servizio studi di Bankitalia, Daniele Franco.
Il problema principale del Mezzogiorno, ha spiegato il dirigente di Via Nazionale, «è la qualità dei servizi pubblici che riflette la gestione della spesa corrente: deve essere questa la priorità, senza diminuire l’attenzione sulla spesa in conto capitale, su cui va recuperata efficienza». In questa prospettiva, il decentramento, se ben utilizzato «può essere uno strumento per avere servizi più qualificati, l’importante è come ogni euro viene speso. Bisogna pensare alle infrastrutture non come a chilometri di strade e acquedotti, l’obiettivo deve essere avere buoni servizi nelle aree che sono indietro. Anche la spesa in conto capitale va finalizzata a questo, è lo sforzo che andrebbe fatto, perché a parità di spesa, all’interno del Paese si hanno livelli di servizio molto diversi».

Tra i servizi da migliorare nel Mezzogiorno, Franco ha citato la scuola, la sanità, ma anche la giustizia civile. Il fatto che «siano significativamente peggiori che al Nord non dipende dalla carenza di spesa, che è in linea, c’è un problema nell’uso delle risorse». Il responsabile del Servizio studi di Bankitalia ha illustrato alcuni dati raccolti: la spesa in conto capitale vede 1.100 euro di spesa l’anno per cittadino al Sud e mille al Nord; pur in presenza di una tendenza alla diminuzione di questi fondi negli ultimi anni, «la spesa per infrastrutture al Sud è stata superiore, ma non ha riscontro nelle infrastrutture presenti: c’è un problema d’inefficienza», ha detto. Franco ha ripetuto più volte nel corso dell’audizione, che «non basta valutare l’offerta, bisogna considerare la domanda effettiva di infrastrutture, perché ci sono diversi fattori che ne condizionano l’utilizzo, alcune non sono ben collegate ad altre».

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