domenica 23 agosto 2009

Anche l'unità d'Italia nel cilindro del Fas

Ci risiamo. Dopo le Pmi, gli ammortizzatori sociali, gli obbligazionisti di Alitalia, la banda larga, il G8, i debiti della sanità locale e via discorrendo, sembra che dal cilindro magico del Fondo per le aeree sottoutilizzate stia per spuntare un altro gruzzoletto. A beneficiare del mitico Fas, questa volta, sarebbero le celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia. L’ipotesi è stato ventilata dal ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, nel tentativo di tranquillizzare il Capo dello Stato sul fatto che il programma di iniziative e opere pubbliche per festeggiare l’evento sarà all’altezza della situazione. La soluzione permetterebbe di non toccare i saldi di bilancio e di non andare quindi ad indebolire la già precaria situazione dei conti pubblici, ma andrebbe anche incontro a una serie di rischi. Il primo riguarda la Commissione europea. Il Fas, istituito dalla Finanziaria 2003 e poi ridisegnato da quella 2007, è infatti legato a doppio filo agli stanziamenti comunitari che ne vincolano tassativamente l’utilizzo. In particolare, i governi dovrebbero rispettare il principio di addizionalità, che prevede l’uso di risorse nazionali soltanto in termini di cofinanziamento con quelle europee per le politiche di sviluppo nelle aree sottoutilizzate del Paese. In altre parole si tratta di soldi aggiuntivi, che possono essere spesi soltanto sulla base di un preciso Quadro strategico nazionale e di precise proporzioni (l’85% al Sud e il 15% al Nord). La norma è stata già abbondantemente violata nel corso dell’ultimo anno, al punto che la Corte dei Conti lo scorso giugno ha espresso pesanti perplessità sul ricorso al fondo in «modo massiccio, spesso anche a copertura di oneri di natura corrente e di maggiori spese derivanti da politiche pubbliche ordinarie, non direttamente connesse con la missione concernente il riequilibrio territoriale». L’ulteriore scippo al Fas potrebbe dunque con molta facilità finire nel mirino di Bruxelles. Ma il problema principale riguarda le disponibilità. Il rischio infatti è che a forza di attingere, nel barile non ci sia più nulla da raschiare. La dotazione iniziale stabilita del Cipe per il periodo 2007-2013 era di 64,4 miliardi, scesa poi a 63,2 dopo alcune decurtazioni. La vera sforbiciata arriva con il 2008, quando dal fondo vengono sottratti 10,5 miliardi per le coperture dei provvedimenti anticrisi. A quel punto il Cipe (dicembre 2008) divide la torta in 27 miliardi per i programmi regionali (tra cui i 4,1 miliardi per la Sicilia) e 25,4 per la quota nazionale del Fas. È su quest’ultima fetta che si è avventato il governo. Circa 12 miliardi vanno al fondo infrastrutture di Matteoli, 4 al fondo ammortizzatori sociali di Sacconi e 9 alla Presidenza del Consiglio per “spese varie”. È da qui che potrebbero uscire i soldi per i festeggiamenti. Il problema è che in cassa è rimasto qualcosa come 1,6 miliardi. Basteranno?

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