L’ennesimo Eurogruppo convocato ieri in sessione straordinaria si è svolto senza la partecipazione della delegazione greca, che ha lasciato Bruxelles. «È un giorno triste per l’Europa», ha chiosato il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, secondo il quale ci sarebbe ancora margini per trattare. «Siamo assolutamente determinati a trovare una soluzione», ha detto.
Ma l’idea di tirare ancora la cinghia fino al giorno della consultazione popolare prevista per domenica 5 luglio, prorogando di una settimana le prossime scadenze di pagamento, si è scontrata contro un muro granitico. «Non ci sono le basi per ulteriori negoziati», ha dichiarato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. E neanche la diplomazia informale è riuscita ad allentare la tensione. Il colloquio telefonico con la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Francois Holland, con la promessa/minaccia di Tsipras che il referendum si terrà in ogni caso, perché «qualsiasi decisione l’Eurogruppo prenderà, il popolo greco avrà ossigeno fino alla prossima settimana e sopravviverà».
Sul tavolo di Bruxelles ora c’è un nuovo ordine del giorno: il fallimento ordinato della Grecia quando, il 30 giugno, scadrà l’attuale programma di salvataggio e Atene dovrà ripagare 1,6 miliardi di euro all’Fmi.
Il tempo è scaduto. O quasi. Se martedì la Grecia non sborserà i quattrini, come è ormai probabile, toccherà alla direttrice del Fondo, Christine Lagarde prenderne atto, dichiarando il default del Paese. Al quel punto scatterà un «evento di credito» anche per il Fondo salva stati europeo (nella vecchia e nuova versione Efsf ed Esm), che potrebbe chiedere il rimborso immediato dei prestiti, attendere gli sviluppi o congelare la situazione dichiarando la «riserva dei diritti». Anche l’Fmi potrebbe utilizzare una finestra di qualche giorno solitamente concessa agli insolventi prima di certificare il fallimento.
Resta da capire cosa farà la Bce, a cui basterebbe tagliare l’accesso agli 89 miliardi di liquidità con cui la Banca centrale greca puntella gli istituti ellenici per staccare definitivamente la spina al Paese. I riflettori sono puntati sul consiglio direttivo presieduto da Mario Draghi che oggi si riunirà in teleconferenza per decidere il da farsi sulle quattro grandi banche su cui ha la vigilanza diretta. Tra le ipotesi, considerato il panico dei risparmiatori che dopo l’annuncio del referendum hanno preso d’assalto i bancomat (700 milioni prelevati ieri), potrebbe esserci anche la chiusura degli sportelli. Qualcuno paventa pure la non riapertura della Borsa.
Difficile prevedere cosa accadrà. Il comunicato finale dell’Eurogruppo suona come un epitaffio. «Nonostante gli sforzi a tutti i livelli», si legge nella dichiarazione firmata da tutti ministri delle Finanze, escluso Varoufakis, «le autorità greche hanno rotto unilateralmente i negoziati sul programma» che avrebbe concesso di versare l’ultima tranche da 7,2 miliardi e si concluderà, invece, il 30 giugno.
Concetto ribadito anche da Jeroen Dijsselbloem in conferenza stampa. «Se i negoziati sono finiti», ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo, «è perché il governo greco ha detto che quello che stava sul tavolo meritava un no. E Varoufakis è uscito di sua sponte. Ma la nostra porta resta aperta». Pier Carlo Padoan si è preoccupato più che altro di rassicurare i mercati sul futuro dell’Italia. «Sono tranquillo per due ragioni», ha detto il ministro dell’Economia, «perché la stabilità italiana si è molto rafforzata e poi perché se ci sono fenomeni di instabilità di breve termine la Bce ha ora tutti gli strumenti per evitare che diventi eccessiva». Interrogato sui titoli di Stato, però, Padoan non ha potuto escludere «possibili tensioni».