Silvio Berlusconi giura che il decreto sviluppo arriverà entro metà ottobre. Palazzo Chigi assicura che non ci sarà alcun condono. Parole che difficilmente possono mettere fine al balletto di dichiarazioni sui contenuti e sui tempi che ormai ogni giorno riempiono le pagine dei giornali e i lanci delle agenzie di stampa.
Basta, ad esempio, andare indietro di qualche ora rispetto ai chiarimenti della presidenza del Consiglio per sentire il ministro dei Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, sostenere, anche rispetto al condono, che «sarebbe sbagliato escludere a priori delle misure». Così come continuano a ripetere che «l’ipotesi è sul tappeto, come le altre», anche Fabrizio Cicchitto, che del Pdl è capogruppo alla Camera, e Maurizio Gasparri, che lo è al Senato. C’è infine il leader dei Responsabili, Domenico Scilipoti, che addirittura ci «spera» e lo difende come una «misura che, con delle riforme serie e strutturali, potrebbe essere molto utile per l’Italia». Ieri, però, anche se di misura, ha vinto il partito del no. Contro la sanatoria si sono espressi ufficialmente, oltre alla nota di Palazzo Chigi, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, quello della Semplificazione, Roberto Calderoli («roba da Repubblica delle banane»), il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Resta da capire dove si troveranno i soldi se, come sembra, il commissariamento di Giulio Tremonti sia nato, tra le altre cose, anche dalla necessità di superare la logica delle misure a costo zero. Lo dice fuori dai denti Mario Landolfi, dell’ufficio di presidenza del Pdl: «Non c’è bisogno di essere economisti per capire che senza soldi non si riesce a fare nulla, nemmeno a far celebrare una messa cantata». Renato Brunetta insiste sulla «tantissime norme sulla semplificazione elaborate insieme a Calderoli»; che troveranno spazio nel decreto. Ma dentro il Pdl la spinta di chi preme per qualche misura d’impatto (compresa una patrimoniale, che per pudore viene sempre definita soft o mini) che possa portare un po’ di ossigeno alle casse dello Stato è sempre più forte. Anche il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, continua a dire che senza fondi le opere pubbliche non partono.
Tra le mille ipotesi che circolano, tutte rigorosamente bocciate dopo qualche ora, c’è anche quella di una ipoteca sul 10% del valore delle case private. Una vecchia idea dell’ex ragioniere Andrea Monorchio che sembra buttata lì più per sparigliare le carte che per altro.
Ieri mattina si è comunque tenuta la prima riunione convocata dal neo coordinatore Paolo Romani. Al ministero dello Sviluppo economico non c’era, ovviamente, Giulio Tremonti, che ha preferito inviare il sottosegretario Luigi Casero. Insieme a lui non solo Brunetta e Calderoli, ma anche un’ampia delegazione di tecnici ed esperti di politiche industriali. Romani ha infatti intenzione di procedere con la massima collegialità possibile, confrontandosi non solo con tutti i colleghi di governo, ma anche con economisti e rappresentanti delle categorie. Nel merito del provvedimento si guarda, in particolare, ai settori del lavoro, dell’energia, delle tlc, delle infrastrutture e dell’internazionalizzazione delle imprese. Una prossima riunione è stata programmata per l’inizio della settimana prossima, con ogni probabilità martedì.
Anche Tremonti, a suo modo, ha deciso di prestare maggiore attenzione alla collegialità. Dopo aver avviato la discussione sul capitolo dismissioni con un seminario tecnico riservato ad esperti e addetti ai lavori, ha deciso di allargare la consultazione praticamente a tutta la società civile. Ieri il Tesoro ha annunciato l’attivazione di una casella di posta elettronica patrimonio@agenziademanio.it, per consentire a tutti gli interessati di «formulare proposte che consentano di accelerare i processi di valorizzazione del patrimonio pubblico». Fatevi sotto.
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