Bisogna trovare risorse per lo sviluppo, ma serve anche la manovra aggiuntiva. Il peso del fisco è diventato eccessivo, ma si potrebbe reintrodurre l’Ici. Se a parlare non fossero due autorevoli organismi economici come Bankitalia e Bce si potrebbe pensare ad uno scherzo. Invece, le frasi sono nero su bianco in due distinti documenti ufficiali. Il primo è il bollettino di ottobre della Bce. Il secondo è il reseconto parlamentare dell’audizione al Senato di Daniele Franco, capo della ricerca economica di Via Nazionale.
Le posizioni della Bce non rappresentano una novità. Gli esperti di Francoforte hanno ribadito che la crescita nell’area euro è a rischio e che i conti pubblici sono sotto pressione. Stupisce, però, l’insistenza con cui, a fronte di valutazioni sulla necessità di mettere in campo misure per lo sviluppo e liberalizzazioni, la Banca europea continui praticamente ad ogni bollettino mensile a minacciare nuove manovre correttive non solo per i Paesi che hanno ricevuto gli aiuti del fondo salva Stati, ma anche per quelli più vulnerabili, ovvero il nostro. Ma non bastava la manovra aggiuntiva di agosto? Nella lettera fatta recapitare da Draghi e Trichet al governo si chiedeva l’anticipo del pareggio di bilancio al 2013 accanto alle riforme. Ora si chiedono le riforme accanto ad un altro intervento sui conti pubblici. È curioso che il documento della Bce (che tra parentesi non spreca mai un rigo per la Germania, malgrado continui a sfornare dati macroeconomici poco incoraggianti) arrivi proprio mentre il governo è spaccato tra chi ritiene debbano essere messe in campo misure a costo zero e chi, invece, pensa sia giusto raschiare ancora il fondo del barile con condoni e patrimoniali per rilanciare l’economia e abbattere il debito. Per la Bce, sembra di capire, hanno ragione tutti.
Ancora più arzigogolata, e di difficile comprensione, la posizione di Bankitalia. Anche qui, di fronte ad una situazione che appare catastrofica la strategia è dare colpi ovunque, cerchi o botti che siano.
L’esordio del capo della ricerca economica di Palazzo Koch è forte e chiaro: «La pressione fiscale in Italia è elevata sia nel confronto storico sia in quello internazionale e nel prossimo triennio è destinata a crescere ulteriormente per effetto delle misure di aumento» incluse nelle manovre estive. L’Ires per le imprese, ad esempio, supera di quattro punti la media degli altri Paesi dell’area euro. Se si include anche l’Irap l’aliquota schizza addirittura 6 punti sopra. Il cuneo fiscale sul lavoro è 5 punti sopra, mentre la tassazione generale dei redditi e 3 punti sopra. A questo, che è l’oggi, si aggiungeranno gli effetti del taglio lineare delle agevolazioni fiscali previsto dalla clausola di salvaguardia della manovra, che «determinerebbe un incremento di gettito di gran lunga superiore ai risparmi attesi dalla delega fiscale». Ebbene, di fronte a questa valanga di tasse che sommerge e sommergerà gli italiani, la ricetta suggerita non è quella di tagliare senza pietà, ma di avviare una riflessione sull’opportunità di compensare alleggerimenti su altri fronti con la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, perché l’esenzione «costituisce un’anomalia del nostro ordinamento tributario».
Non solo. Oltre alla stangata sull’abitazione di proprietà, che colpirebbe anche le fasce sociali più deboli, secondo Franco, bisognerebbe anche aumentare le tasse sulle fonti energetiche fossili, per favorire lo sviluppo di quelle rinnovabili. Infine, tanto per bastonare un altro po’ i contribuenti, l’economista di Bankitalia invita anche a potenziare il redditometro e ad aumentare i vincoli sulla tracciabilità del contante. Tanto vale consegnare direttamente il prossimo stipendio ad Attilio Befera, così non ci si pensa più.
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