martedì 9 marzo 2021

Il ministro dell'Economia: gli statali sono incapaci

E noi che pensavamo che il governo avesse messo il Piano di ripresa e resilienza nelle mani della McKinsey perché i nostri statali non sono capaci. Macché. I super esperti del colosso americano della consulenza strategica, con 98 uffici dislocati in 57 Paesi del pianeta, andranno a Via XX Settembre per fare qualche slide e dare una sistematina grafica ai documenti. Parola di Daniele Franco, che ieri, nella sua prima audizione da ministro dell’Economia, ha provato a sgonfiare le polemiche scoppiate sul reclutamento dei tecnici esterni. La toppa, però, è peggio del buco. L’ipotesi di appaltare all’esterno la gestione del Recovery plan aveva già sollevato un vespaio quando l’ex premier Giuseppe Conte aveva pensato di costituire una mega task force di esperti. Arrivato a Palazzo Chigi, Mario Draghi ha subito tranquillizzato tutti: la regia del piano è affidata al Tesoro e gli altri ministeri daranno una mano. Il che ha cambiato le cose fino ad un certo punto perché il premier è un ex presidente della Bce, all’Economia c’è un ex direttore di Bankitalia, alle Infrastrutture un professore di statistica e all’Innovazione un manager. Insomma, sempre di tecnici si tratta.

Forma e sostanza
Ma vabbè. Almeno la forma è salva. Poi però si è scoperto che Franco ha siglato un contratto di 25mila euro più Iva con la McKinsey. E ci sarebbero pure altri accordi con Ernst & Young, Pwc e Accenture. In pratica, gli esperti usciti dalla porta sono subito rientrati dalla finestra. Con l’aggravante che la società di consulenza americana reclutata dal ministro è pure da poco uscita da alcuni scandali negli States (a partire da una storiaccia sui medicinali oppiacei prodotti dalla Pourdue che gli è costata centinaia di milioni di dollari di multa) che la rendono ancor più vulnerabile agli attacchi. 
La questione principale resta comunque la stessa sollevata ai tempi di Conte: possibile che all’interno della pubblica amministrazione non ci siano le competenze adeguate a gestire progetti di riforme ed opere pubbliche imponenti come quelli previsti dal Piano di ripresa e ad assumersi la responsabilità delle scelte?

La difesa di Franco è stata chiara sin da subito. Semplice consulenza tecnica, senza alcuna interferenza nelle decisioni né accesso a documentazione riservata o sensibile. Ieri, però, l’ex dg di Bankitalia si è spinto oltre, precisando che l’apporto di McKinsey «riguarda la produzione di crono programmi, aspetti metodologici nella realizzazione del piano, aspetti più editoriali che di sostanza». Questo perché «le strutture pubbliche a volte hanno bisogno di input specialistici per affrontare specifici lavori, tipicamente se uno deve fare presentazioni e slide a volte ci sono persone che sono più efficaci a farlo. I funzionari pubblici hanno altre competenze e altre qualità».
In altre parole, i nostri travet sono bravissimi, però quando si tratta di usare il Powerpoint vanno nel pallone. E per mettere in bella copia i documenti dobbiamo chiamare gli esperti Usa. Una spiegazione che non solo non spiega niente, ma ridicolizza pure i funzionari pubblici.
Per il resto, Franco ha confermato che bisogna correre, che il piano sarà di 191,5 miliardi e che gli interventi potranno avere un impatto sul Pil anche superiore al 3% finora stimato. Una brutta notizia riguarda le tasse. Come molti temevano, pure questa volta la modernizzazione (con alleggerimento) del fisco rischia di scomparire dall’orizzonte. Nel Recovery plan ci si occuperà di giustizia e pubblica amministrazione, ha detto il ministro, ma la riforma dei balzelli, pur essendo una priorità, non farà parte del menù. Sarà per la prossima.

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