Giustizia sociale, equità fiscale, riequilibrio dei conti pubblici. Da ultimo, l'emergenza Covid. Ogni volta c'è una scusa diversa. Però la sostanza è sempre la stessa: quando c'è bisogno di quattrini, il primo posto dove si va a cercare sono le tasche dei contribuenti. Non solo in base a quanto si guadagna, ma anche a quanto si possiede. In altre parole, patrimoniale. L'idea di fondo è che la proprietà sia un lusso e i risparmi un privilegio. Una fissazione di qualche vecchio residuato dell'ultrasinistra? Macché. A sostenere l'esigenza di un prelievo sui beni degli italiani c'è uno schieramento ampio che va dal Pd ai grillini, passando per Leu. E la misura piace pure alla Ue, che da sempre punta il dito sulla nostra ingente ricchezza privata, come non fosse il frutto di guadagni legittimi, e per di più tassati.
A spiegarci gli ostacoli non tanto ideologici, quanto giuridici e costituzionali che dovrebbero impedire l’esproprio legalizzato ci hanno pensato 12 esperti (tra professori e giuristi) i cui pareri sono raccolti nel libro che domani verrà distribuito gratuitamente con Libero "La patrimoniale ai tempi del Covid". Promotori dell'iniziativa sono Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia e della Federazione Regionale Lombarda della proprietà edilizia, e Giuseppe Valditara, coordinatore di Lettera 150, il think thank di imprenditori, accademici ed intellettuali che si propone di dare voce alle istanze del ceto produttivo. Nel volume di 64 pagine lo stesso Valditara, Raimondo Cubeddu, Renato Cristin, Ludovico A. Mazzaroli, Claudio Zucchelli, Francesco Manfredi, Fabrizio Antolini, Francesco Forte, Alberto Lusiani, Aldo Rustichini, Giuseppe Marino, Fabio G. Angelini e Flavio Felice ci spiegano, in quello che può essere definito un vero e proprio manifesto contro l'oppressione fiscale, perché la tassazione del patrimonio è una mostruosità giuridica, filosofica e politica.
Filo conduttore degli interventi è la difesa della proprietà privata. Un confine invalicabile che deve trovare la sua ragion d'essere all'interno di un sistema tributario la cui equità dipende non soltanto dalla distribuzione dei carichi tra i contribuenti, ma anche dall'efficienza della spesa pubblica, che deve favorire la produzione di ricchezza, non la sua distruzione. Di recente l'Istat ci ha rivelato che, malgrado il crollo dei redditi e l'incredibile aumento della povertà provocati dal Covid, la pressione fiscale nel 2020 è schizzata al 43,1%. Qualsiasi riforma dovrà occuparsi di diminuire questa soglia, non di colpire il patrimonio. Come diceva Ezio Vanoni, grazie ai tributi l’individuo assicura la sua libertà poiché assicura l’esistenza dello Stato. Ma risponde a giustizia che i sacrifici richiesti siano mantenuti entro i limiti strettamente necessari per il conseguimento degli scopi di utilità sociale che ci si propone di raggiungere. Tutto il resto, è furto.