martedì 13 luglio 2021

Le assunzioni superano quelle del 2019

Qualcuno potrebbe anche pensare: se le cose stanno così, tanto valeva metterlo due anni fa il blocco dei licenziamenti. Eh sì, perché stando ai dati diffusi ieri da Bankitalia, nei primi sei mesi dell’anno le assunzioni, malgrado lo stop alle uscite imposto per legge, hanno addirittura superato quelle del 2019. Insomma, i vincoli voluti da sinistra e sindacati non solo non hanno fermato le imprese, ma le hanno addirittura stimolate a fare meglio. La realtà, ovviamente, è un po’ diversa. E quella raccontata dai numeri non fa una grinza. Nel primo semestre del 2020, con l’economia paralizzata da marzo in poi e il divieto di licenziare, il saldo tra rapporti attivati e cessati, scrive Bankitalia, e rimasto sostanzialmente nullo. Poi le aziende hanno iniziato a chiudere e quelle rimaste aperte non hanno rinnovato i contratti a tempo. Risultato, circa 700mila posti di lavoro da inizio pandemia si sono volatilizzati.


Manifattura
Ma da gennaio di quest’anno, l’economia, a partire dalla manifattura, ha iniziato a dare segnali di ripresa e, a legislazione invariata, le aziende hanno cambiato marcia. In sei mesi, spiegano gli esperti di Via Nazionale, sono stati creati 719mila nuovi posti di lavoro, si tratta di oltre il 12% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Certo, il divario rispetto ad una situazione di normalità non è stato ancora colmato. Rispetto ad una simulazione effettuata dall’istituto guidato da Ignazio Visco, se il Covid non ci fosse mai stato, oggi dovremmo poter conteggiare almeno 270mila posti in più.
Tutto, però, fa pensare che lo scostamento sarà recuperato in fretta. La stragrande maggioranza dei contratti, infatti, è stata creata soltanto negli ultimi due mesi, con una accelerazione trainata anche dal comparto dei servizi, soprattutto turismo e commercio, che hanno usufruito dei risultati della campagna vaccinale, della diminuzione dei contagi e delle conseguenti riaperture.
Resta da capire che ruolo abbia giocato in questa valanga di nuove assunzioni il blocco dei licenziamenti. Ha veramente «preservato oltre 330mila lavoratori», come ha spiegato ieri il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, presentando la sua relazione annuale? Oppure ha costituito un blocco alle assunzioni, come sostengono da tempo dalle parti di Confindustria?
Bankitalia ci spiega con esattezza quale sia stato l’effetto dello stop alle uscite. Le imprese non si muovono sulla base delle ideologie, ma dei bisogni concreti. E quando si sono trovate di fronte la possibilità di tornare a crescere e fare fatturato, hanno ripreso a cercare personale per far ripartire l’attività produttiva. Con un accorgimento, dovuto ovviamente al blocco legislativo: niente contratti a tempo determinato. La crescita, si legge nel documento di Bankitalia, è stata «trainata interamente dalle posizioni di lavoro a termine». Nei soli mesi di maggio e giugno i nuovi contratti a tempo determinato attivati, al netto delle cessazioni, sono stati addirittura 520mila. Ed ecco allora la morale: i posti di lavoro li salva la ripresa economia e l’unico risultato ottenuto dal blocco dei licenziamenti è stato quello di creare un enorme esercito di precari. Tutto qua. Togliendolo qualche mese prima, quando ormai era chiaro che la macchina della crescita si era messo in moto, forse avremmo avuto non il diluvio di licenziamenti di cui continuano a parlare i sindacati (attaccati in questi giorni ad un paio di vicende che poco hanno a che fare con lo sblocco), ma qualche posto fisso in più.

Importanti segnali
In ogni caso, pur difendendo il ruolo dell’Inps nella sua funzione di ammortizzatore sociale, lo stesso Tridico ci ha confermato ieri che il tempo volge al sereno. Nei primi cinque mesi dell'anno, ha spiegato, «registriamo tuttavia importanti segnali di ripresa del tessuto produttivo. Infatti, al 31 maggio 2021, le entrate contributive riferite a tutto il settore privato sono aumentate di 4,5 miliardi di euro, con un incremento sul 2020 di oltre nove punti percentuali». Secondo il presidente dell’Inps, tempo qualche mese e tutto tornerà come prima: «Confidiamo che nel corso dell'anno la sostenuta ripresa economica in atto riporti le entrate contributive dell'Inps ai livelli del 2019». E anche da Bankitalia è arrivato ieri un segnale importante. L’accumulo di soldi nei conti correnti ha frenato la sua crescita dal +9,6% di aprile a +8,8 di maggio. Segno che, seppure lentamente, le famiglie riprendono a spendere.</MD>

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